Ci abbiamo messo un po’, ma alla fine ce l’abbiamo fatta: ecco le risposte al questionario musicale di Proust di Gianrico Cuppari, manager dei Pinguini Tattici Nucleari, band bergamasca protagonista di una vera e propria marcia trionfale che li ha portati dai Magazzini Generali di Milano (2018) al tour da record negli stadi dell’estate 2023. Padovano d’origine, si occupa principalmente di management, edizioni e sviluppo di carriere in ambito musicale. Per anni ha lavorato nel booking con Bpm Concerti. Al momento con la sua società Tuttomoltobenegrazie oltre ai Ptn segue Rovere, Rumatera, Ministri, Cmqmartina e altri. Con Nigiri, in partnership con Riccardo Zanotti e Nina Selvini, va a caccia di talenti emergenti. È uno dei pochissimi manager della storia a essere stati citati per nome in una canzone (la canzone è «Sashimi» dei Pinguini Tattici Nuclerai).
Che ascoltatore di musica sei?
Molto disordinato: posso andare da Guccini ai Nofx, passando per i Pinguini Tattici Nucleari e Cmqmartina. Ho sempre avuto una grande passione per la melodia. Che si palesa in tantissime forme.
Qual è il disco che ti ha cambiato la vita?
Ne cito due. Il primo mi ha cambiato perché mi ha portato in un universo sonoro che poi mi avrebbe accompagnato per tutta la vita ed è «White Trash Two Heebs and a Bean» dei Nofx, il secondo è «Gioventù Brucata» dei Ptn.
Qual è il libro che sta sul tuo comodino?
Risposta secca: «Alta Fedeltà» di Nick Hornby.
Se potessi tornare a un concerto che per te è stato importante, quale sceglieresti?
Villa tempesta 2011: era un festival, ma penso vada bene lo stesso. I protagonisti erano Le luci della centrale elettrica, Teatro degli orrori, Zen Circus etc. etc. Ci tornerei per riviverlo, non per cambiare qualcosa di quella sera.
Come sei finito a fare quel che fai?
Con tanta incoscienza, coraggio e aggiungerei fantasia. Un lavoro nato per un po’ per scherzo una ventina di anni fa che oggi non cambierei per nulla al mondo.
In un’altra vita che lavoro avresti fatto?
Probabilmente avrei alla fine ceduto a mia mamma che innumerevoli volte mi ha spinto verso la banca e un posto dietro gli sportelli. Negli anni Novanta era un posto considerato sicuro e dorato, oggi chi lavora in banca vive una situazione sicuramente diversa. Il futuro è imprevedibile.
Qual è il progetto a cui hai lavorato di cui vai più orgoglioso?
Sembrerà che mi appelli alla diplomazia e al cerchiobottismo, ma sono sinceramente orgoglioso di tutte le persone (i progetti alla fine sono persone) con cui lavoro e del percorso che faccio con ognuno di loro. In particolare però con Nina Selvini e Riccardo Zanotti ho messo in piedi Nigiri che io definisco (e non potrebbe esserci posto migliore del Sole 24 Ore per usare questo termine) un incubatore di talenti. Se la giornata avesse qualche ora in più la dedicherei sicuramente a quello.
Qual è, invece, l’errore che non ripeteresti?
Crucciarmi per alcune collaborazioni interrotte. Nella vita penso che ci sia una grandissima lezione da apprendere. Ogni volta che si chiude una porta, si apre un portone. Gli artefici del nostro destino siamo noi e spesso dalle più grandi separazioni nascono le cose più belle.
Qual è il tuo rimpianto più grande?
Di rimpianti grossi non ne ho. Spesso, anzi, quando si sono chiuse delle collaborazioni c’è solo stato modo di crescere.
Puoi riportare in vita un grande della musica di ieri per lavorarci. Chi scegli?
Quelli con cui vorrei lavorare sono tutti vivi, chissà che qualcuno legga questa intervista e si faccia vivo, sono speranzoso. Scherzi a parte, mi piacerebbe vivere da dentro i tempi della L.A. anni Ottanta, ma… non so se sia una buona idea per la mia salute mentale.
Talento, lavoro di team su un progetto, fortuna: cosa conta di più per sfondare nella musica?
Per sfondare nella musica quello che conta di più è la musica. Sembra scontato, ma credo che molti miei colleghi non la pensino più così, e in generale anche al di fuori degli addetti ai lavori molti non la pensano così. Abbiamo aggiunto troppa sovrastruttura alla musica e ci siamo distratti con i talent, i social e le piattaforme, ma quello che oggi rimane importante per una carriera di lungo periodo, una carriera «sana», è proprio la musica. Non per niente, per chi non scrive, gli autori e compositori terzi sono a dir poco fondamentali. Con l’hype e la sola immagine non si va lontano. Credo che uno degli indicatori più sani da vedere per lo stato di salute di un progetto sia il live. Il live: ovvero i biglietti venduti sono un indicatore che non mente mai.
Definisci gli artisti.
Prendo in prestito il lavoro di Montesquieu e ti dico che per me gli artisti sono il potere legislativo.
Definisci i discografici.
Il potere esecutivo.
Definisci i promoter.
Il potere… giudiziario.
Come ti immagini il futuro del lavoro che fai?
Non molto diverso da quello che faccio oggi sinceramente. È difficile però immaginarsi il futuro, soprattutto se si ha una certa età: abbiamo visto troppi cambiamenti per non sapere che tutto può succedere. Per dire: gli Nft a un certo punto sembravano l’eldorado. Mi sembra però che si siano ormai spenti…
Al questionario musicale di Proust hanno risposto anche:
Marco Alboni
Claudio Buja
Pico Cibelli
Mimmo D’Alessandro
Roberto De Luca
Marta Donà
Claudio Ferrante
Stefano Lionetti
Roberto Mancinelli
Alessandro Massara
Enzo Mazza
Andrea Pieroni
Roberto Razzini
Andrea Rosi
Federica Tremolada
Claudio Trotta
Franco Zanetti