Torna il questionario musicale di Proust con un ospite d’eccezione: Corrado Rustici, musicista e produttore napoletano, classe 1955 (nella foto). Ha esordito negli anni Settanta con il prog dei Cervello. A 19 anni si è trasferito a Londra dove ha inciso quattro album con un’altra sua band, i Nova, quindi negli Stati Uniti, dove ha lavorato con Narada Michael Walden, alle prese con grandi produzioni come quelle di Whitney Houston e Aretha Franklin. Innumerevoli i successi italiani da produttore che abbracciano la discografia di Zucchero e quella di Francesco De Gregori, fino ad arrivare a Negramaro e Noemi. In libreria trovate il suo «Breviario del produttore artistico» (Volonté & co.).
Che ascoltatore di musica sei?
Sono rari i momenti in cui non ascolto musica. È sempre stata compagna e insegnante agguerrita del mio fare musicale.
Qual è il disco che ti ha cambiato la vita?
Diversi, per i diversi stadi evolutivi che hanno segnato questa mia esistenza. Alcuni fra i tanti: Sgt Pepper’s dei Beatles, Pawn Hearts dei Van Der Graf Generator, For the roses di Joni Mitchell, Birds of fire della Mahavishnu Orchestra…
Qual è il libro che sta sul tuo comodino?
Talks with Ramana Maharshi.
Se potessi tornare a un concerto che per te è stato importante, quale sceglieresti?
Jethro Tull al Teatro Brancaccio di Roma, circa 1971. Uno tsunami emotivo e musicale per un sedicenne dell’epoca.
Come sei finito a fare quel che fai?
Non so. Tutto ciò che accade è la causa di tutto ciò che accade. Le cause sono innumerevoli; l’idea di una causa unica è un’illusione.
In un’altra vita che lavoro avresti fatto?
Astrobiologo.
Qual è il progetto a cui hai lavorato di cui vai più orgoglioso?
Faccio molta fatica a sentirmi orgoglioso del mio fare… Però alcuni episodi sono rimasti impressi nella mia memoria: Melos del Cervello, Whitney di Whitney Houston, Oro, incenso e birra di Zucchero, Il miuo ultimo album Interfulgent.
Qual è, invece, l’errore che non ripeteresti?
Averci messo così tanto a capire cosa è veramente importante e utile per la mia evoluzione.
Qual è il tuo rimpianto più grande?
Non ho nessun rimpianto.
Sono in pace con me stesso e con gli eventi che hanno popolato la mia esistenza.
Puoi riportare in vita un grande della musica di ieri per lavorarci. Chi scegli?
Ludwig Van Beethoven.
Talento, lavoro di team su un progetto, fortuna: cosa conta di più per sfondare nella musica?
Tutti e tre sono fondamentali, ma se non c’è vero talento, a priori, non succede nulla di significativo e/o artisticamente utile.
Definisci gli artisti.
Il termine “artista” è – purtroppo ormai – una definizione usata fuori luogo e abusata per descrivere chi, con successo o senza, si prodiga a distribuire svago.
Per me, lo scopo dell’arte è di portare l’attenzione dei sensi verso un viaggio di ritorno alla fonte della percezione, che è la pura consapevolezza. Quando il pensiero compie questo viaggio e ci riporta alla sua fonte, il pensiero finisce e l’esperienza che ne deriva si chiama comprensione o verità.
In altre parole, l’esperienza della comprensione o della verità non è qualcosa che avviene nel pensiero, ma avviene quando il pensiero si estingue nella sua fonte.
Quando un artista dirige i propri sensi verso un viaggio che li riporta alla fonte della percezione, la percezione muore o si dissolve nella stessa consapevolezza in cui si dissolve il pensiero.
Quando la percezione si dissolve, la chiamiamo bellezz . Così come la comprensione non è nel pensiero, la bellezza non è nella percezione, ma è la dissoluzione della percezione nella sua fonte.
Questo è lo scopo dell’arte: rivelare quell’esperienza, consegnare la bellezza .
Definisci i discografici.
Nella migliore delle ipotesi, i discografici sono visionari, sostenitori e supporter di talento artistico, sul quale investono tempo, denaro e risorse umane, nella speranza di un ritorno sia economico che culturale.
Definisci i promoter.
Vedi risposta precedente.
Come ti immagini il futuro del lavoro che fai?
Spero, davvero, che non sia quello di continuare a ricreare ciò che è stato fatto quarant’anni prima, con una tecnologia che non esisteva allora, ma di concepire l’artefatto musicale in un modo nuovo, in un nuovo ruolo artistico di co-creazione con l’ascoltatore.
Il compito del produttore artistico va oltre la mera organizzazione di frequenze e suoni, è un impegno volto a mitigare l’entropia delle note che caratterizza il nostro mondo postmoderno.
La musica diventa arte quando non solo è composta ed espressa attraverso l’esibizione di abilità tecniche, ma emana una pienezza d’essere che non vuole altro che condividere l’abbondanza da cui trae origine. Quando, impiegando un’ampia gamma di voci musicali e tonalità emotive, ciò che permane è una sensazione tangibile di profondità, persistente anche dopo l’ultima nota suonata.
Forse, l’Ai si rivelerà uno strumento compositivo affidabile sia per i produttori che per i musicisti, e i servizi di promozione e distribuzione musicale vi faranno sempre più affidamento.
Al questionario musicale di Proust hanno risposto anche:
Marco Alboni
Claudio Buja
Pico Cibelli
Gianrico Cuppari
Mimmo D’Alessandro
Roberto De Luca
Marta Donà
Claudio Ferrante
Stefano Lionetti
Roberto Mancinelli
Alessandro Massara
Enzo Mazza
Andrea Pieroni
Cherlie Rapino
Roberto Razzini
Andrea Rosi
Federica Tremolada
Claudio Trotta
Franco Zanetti