Prosegue l’avventura del questionario musicale di Proust. Oggi ci spostiamo al mondo delle biglietterie con Stefano Lionetti, amministratore delegato di TicketOne, leader italiano nei servizi e nella distribuzione di biglietti per eventi, parte del Gruppo Cts Eventim. Classe ’59, a Lionetti piace definirsi un Manager «prestato» allo show business: laureato in Cattolica, ha percorso diverse esperienze in area finanza militando in grandi realtà multinazionali quali PwC, Deutsche Bank e un grande gruppo olandese. Ma un’azienda è un’azienda e quando nel 2004 TicketOne ancora soffriva di mal di gioventù, Lionetti è entrato come direttore generale per dare forma e consistenza a una promettente idea di business. Da allora molte cose sono cambiate e si sono evolute.
Che ascoltatore di musica sei?
Non professionale e non troppo rocchettaro. Mi piace un po’ di tutto: adoro i pezzi melodici o cult dei bei tempi andati, ma non manco mai di sfinirmi con la nuova hit dell’estate. C’è piacere nella leggerezza, ma anche molto da imparare sulle nuove tendenze.
Qual è il disco che ti ha cambiato la vita?
Su tutti «The dark side of the moon». Puntine consumate a seguire anche per «Wish you were here» e «The Wall»: una tripletta irripetibile che ci ha accompagnati a lungo.
Qual è il libro che sta sul tuo comodino?
«La parola magica» di Paolo Borzacchiello: mi piacciono i libri che aggiungono qualcosa a quello che siamo come persone nel bel mezzo di questo mondo complicato.
Se potessi tornare a un concerto che per te è stato importante, quale sceglieresti?
Senza dubbio il concerto Omaggio per Demetrio Stratos nel 1979, di quelli che puoi dire: io c’ero. La qualità musicale non fu un granché e ci furono sfondamenti e situazioni pericolose per il pubblico. Cose di altri tempi, ma senza dubbio un simbolo di quello che eravamo noi e la musica di allora.
Come sei finito a fare quel che fai?
Seguendo le opportunità di una professione che ho sempre costruito e cercato di migliorare giorno per giorno. Come ho sempre insegnato ai miei figli: non è quello che fai, ma come lo fai. Poi ci sono i colpi di fulmine, o di fortuna. Lavorare tra concerti ed eventi di ogni genere è un vero privilegio.
In un’altra vita che lavoro avresti fatto?
Avrei cercato di fare al meglio qualsiasi percorso mi fossi trovato davanti.
Qual è il progetto a cui hai lavorato di cui vai più orgoglioso?
Quando ho iniziato in TicketOne, l’integrazione con il gruppo internazionale Cts Eventim non era già lì, è venuta dopo perché l’abbiamo cercata con convinzione. E con il gruppo sono venute successivamente le acquisizioni di alcuni importanti organizzatori di eventi. Inoltre, siamo sempre al lavoro per inserirci nella gestione di venue dove si tengono gli eventi. È la terza gamba sulla quale si fonda una sana integrazione delle diverse componenti del live: niente di nuovo, basta guardare ai due più grandi gruppi americani.
Qual è, invece, l’errore che non ripeteresti?
Errori se ne fanno e a volte pesano, ma per caratteristica personale e professionale tendo a valutare e controllare i rischi e quindi a limitarne le conseguenze negative.
Qual è il tuo rimpianto più grande?
Non essere riuscito a trasformare il Palazzo delle Scintille in area City Life nella Royal Albert Hall di Milano. Ce l’avevamo quasi fatta, poi ci ha bloccati un banale ricorso amministrativo.
Puoi riportare in vita un grande della musica di ieri per lavorarci. Chi scegli?
Non ho una cultura così ampia da andare molto indietro nel tempo, ma tra quelli che non ci sono più il più accattivante credo resti Michael Jackson.
Talento, lavoro di team su un progetto, fortuna: cosa conta di più per sfondare nella musica?
Come in altri campi, penso ci voglia tanta forza di volontà e un gruppo di lavoro che faccia la differenza, poi bisogna essere al posto giusto nel momento giusto.
Definisci gli artisti.
Affascinanti, per quello che creano. Altre volte semplicemente per come lo rappresentano.
Definisci i discografici.
Poco empatici?
Definisci i promoter.
A volte ruvidi, ma fanno un mestiere decisamente duro. Comunque, indispensabili: non ci fossero loro a rischiare il live non esisterebbe.
Come ti immagini il futuro del lavoro che fai?
Sempre più integrato tra le diverse componenti della filiera: marketing, distribuzione, organizzazione e luoghi dove si tengono gli eventi.
Al questionario (musicale) di Proust hanno risposto anche:
Marco Alboni
Mimmo D’Alessandro
Claudio Ferrante
Alessandro Massara
Enzo Mazza
Andrea Rosi
Federica Tremolada
Franco Zanetti