Nel giorno del ritorno dei Rolling Stones a Milano, non c’è niente di meglio che sottoporre al questionario (musicale) di Proust il maggiore conoscitore italiano… di Beatles. Stiamo ovviamente parlando di Franco Zanetti, giornalista e grande esperto di musica, dal 1996 direttore editoriale di Rockol. Bresciano, classe 1953, ha iniziato come collaboratore del quotidiano Bresciaoggi, direttore di radio private a Brescia e, contemporaneamente, direttore del negozio di dischi «La Voce del Padrone», sempre a Brescia. È poi stato capo ufficio stampa in Emi e in Cgd, per ritornare alla professione giornalistica da freelance, che esercita ancora oggi.
Che ascoltatore di musica sei?
In passato, onnivoro. Oggi, nostalgico: riascolto la musica sulla quale mi sono formato.
Qual è il disco che ti ha cambiato la vita?
«Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band», per le canzoni e perché i testi sulla copertina mi hanno «costretto» a iniziare a imparare l’inglese.
Qual è il libro che sta sul tuo comodino?
«Canzoni – Storie dell’Italia leggera» di Edmondo Berselli.
Se potessi tornare a un concerto che per te è stato importante, quale
sceglieresti?
Amazing Blondel al Supertivoli di Travagliato, Brescia, 29 luglio 1972.
Come sei finito a fare quel che fai?
La passione per la musica, coltivata registrando LP (che mi venivano prestati) con un Gelosino a tasti colorati – del quale conservo oltre 300 bobine, equivalenti a 600 album – mi distraeva dallo studio della medicina. Nel 1974 la nascita di «Bresciaoggi», delle prime radio private e del negozio di dischi «La voce del Padrone» mi ha fatto lasciare l’Università dopo tre anni.
In un’altra vita che lavoro avresti fatto?
Probabilmente lo psicanalista.
Qual è il progetto a cui hai lavorato di cui vai più orgoglioso?
Sono due. La simultanea di 235 bande musicali italiane su «La canzone del sole» di Lucio Battisti, sabato 10 settembre 2005. E l’ideazione della manifestazione «MI-Sex», settembre 1994.
Qual è, invece, l’errore che non ripeteresti?
Dedicare toppo tempo, e gratuitamente, agli artisti «emergenti»… e
irriconoscenti.
Qual è il tuo rimpianto più grande?
Nella vita, molti. Nel lavoro, non aver preteso royalties per «Italian
Graffiati» di Ivan Cattaneo.
Puoi riportare in vita un grande della musica di ieri per lavorarci.
Chi scegli?
Buddy Holly.
Talento, lavoro di team su un progetto, fortuna: cosa conta di più per sfondare nella musica?
Per sfondare, la fortuna. Per durare, il talento.
Definisci gli artisti.
Persone che è sempre meglio non conoscere da vicino (salvo rare eccezioni).
Definisci i discografici.
La discografia è sempre stata in ritardo di un giro. Non ha capito le radio private, non ha capito l’importanza crescente dei live, non ha capito le potenzialità di Internet. Ed è sempre stata costretta a rincorrere.
Definisci i promoter.
Quelli di oggi non li conosco e non posso definirli. Quelli di ieri,
sinceri appassionati (con un occhio al botteghino).
Come ti immagini il futuro del lavoro che fai?
Il lavoro del giornalista musicale, per come l’ho imparato io, è già
morto e sepolto.
Al questionario (musicale) di Proust hanno risposto anche:
Marco Alboni
Mimmo D’Alessandro
Claudio Ferrante
Alessandro Massara
Enzo Mazza
Andrea Rosi
Federica Tremolada