In morte di Chris Strachwitz, il discografico che ci fece scoprire l’America

Certe morti fanno più rumore di altre: nel mondo della musica è sempre stato così, almeno dai tempi dello sciagurato volo che nel 1959 ci tolse prematuramente Buddy Holly e Ritchie Valens. Recentemente ci ha sorpreso il silenzio che ha circondato la morte – avvenuta lo scorso 5 maggio – di Chris Strachwitz, personaggio chiave per quanto riguarda la diffusione della popular music americana del Novecento. Ci piaceva l’idea di rendergli omaggio con il contributo di qualcuno che lo conoscesse bene: Antonio Boschi di A-Z Blues. Buona lettura.

 

Tra tutte quelle persone – appassionate di musica che adorano “scartabellare” negli scaffali dei sempre più rari negozi di dischi o nei vari mercatini – il nome di Chris Strachwitz è tra quelli da, quantomeno, santificare.
Si può, infatti, indiscutibilmente annoverare questo straordinario discografico tra le figure dominanti nel mondo della cultura musicale mondiale che, mosso da una enorme passione, è arrivato a fondare e a dirigere l’Arhoolie Records, un’etichetta discografica che per oltre mezzo secolo ha permesso a diverse generazioni di scoprire ed amare la musica tradizionale statunitense, culla della moderna musica.
Con la scomparsa di Strachwitz, avvenuta lo scorso 5 maggio alla veneranda età di quasi 92 anni, perdiamo un pezzo fondamentale della storia della musica, come più volte ci ha ricordato il magazine italiano Il Blues.
Arhoolie equivale ad una certezza per ogni collezionista, una garanzia, a prescindere dal nome del titolare dell’album e questa è una caratteristica che ha da sempre messo in risalto il grande lavoro svolto da Chris Strachwitz e – non a caso – dal 2016 l’etichetta è passata sotto l’egida della Smithsonian Institution che continuerà a distribuire il catalogo attraverso la celebre Smithsonian Folkways Recordings.
Siamo tutti quel che siamo, ma dobbiamo essere riconoscenti a quelle persone che, con il loro lavoro, ci hanno permesso di poter ampliare le nostre conoscenze, le nostre vedute ed i nostri atteggiamenti e Chris Strachwitz il proprio lavoro lo ha sempre svolto con la passione e l’umiltà che lo hanno contraddistinto.
Un immigrato tedesco-polacco, nato nel 1931, che arrivò nella soleggiata California con già ben chiari i propri gusti musicali. A cavallo tra i due Conflitti Mondiali, Chris Strachwitz si appassiona a quelle sonorità made in Usa giunte nel primissimo dopoguerra, quando ancora ragazzino viene rapito dallo swing ascoltato alle trasmissioni radiofoniche delle forze armate statunitensi dislocate nel territorio germanico.
Nel 1947 avviene la svolta, quando la famiglia si sposta negli Usa, prima a Reno in Nevada per poi trasferirsi definitivamente a Santa Barbara in California dove inizierà l’avventura di questo appassionato onnivoro di musica.
In terra statunitense dallo swing la sua passione si è allargata a svariate forme di musica, sia di matrice afro-americana che di origini bianche o caraibiche, ampliando le sue conoscenze in materia di registrazioni sonore, anche grazie alle “lezioni” impartitegli dal celebre produttore Bob Geddins che gli permise di catturare il suono di artisti come il bluesman Jesse Fuller o il sassofonista jazz Sonny Simmons, tra i più celebri.
Nel 1959 venne la svolta grazie alla sua smodata passione per il texano Lightnin’ Hopkins ed in un viaggio in compagnia del folklorista Robert “Mack” McCormick per poterlo raggiungere e registrare incontrò, quasi casualmente, Mance Lipscomb, altro bluesman del Lone Star State.
Folgorato dalle interpretazioni di questo artista ne registrò alcune canzoni e da lì nacque l’idea di fondare la propria etichetta, incidendo per primo proprio Lipscomb e dando alla luce l’album “Texas Sharecropper And Songster” (F1001), prima uscita assoluta per la neonata Arhoolie con sede a El Cerrito, California, nell’autunno del 1960.
Erano indiscutibilmente gli anni d’oro per la musica che si stava trasformando e il giradischi stava entrando nelle case di un po’ tutti gli americani, portando quei suoni che faranno l’America un esempio da seguire.
Non solo blues nel catalogo creato da Strachwitz che aveva la passione di registrare e produrre artisti “down-home” ma, anche, la possibilità di trovare vere perle di musica folk, Tex-Mex, Cajun, Klezmer, Zydeco, Bluegrass e musica regionale messicana.
Il tutto traspare molto bene nel film-documentario del 2014 a lui dedicato e col titolo “This Ain’t No Mouse Music!” grazie ai registi Maureen Gosling e Chris Simmons, distribuito da Argot Pictures ma, anche, nelle testimonianze di alcuni grandi nomi della musica americana.
Ad esempio in una recente intervista a Charlie Musselwhite apparsa su Il Blues la scorsa estate l’armonicista del Mississippi racconta di quando, già famoso artista, lo aiutava impacchettando i dischi della Arhoolie e portandoli all’ufficio postale col suo van per le spedizioni, descrivendo Chris Strachwitz come persona fantastica con ancora – a novant’anni compiuti – lo stesso spirito, la stessa passione per la buona musica e lo stesso senso dell’umorismo, valori che lo hanno reso quella fantastica persona amata sia dai musicisti che dagli appassionati di musica.
Una figura che è stata e dovrebbe essere ancora oggi, se non più di ieri, un vero esempio di come si debba lavorare, con professionalità e grande passione, perché è questo che fa la differenza.
Antonio Boschi / A-Z Blues