Meta vs. Siae, 5 cose che forse non sapete sulle stories senza musica

La storia la conoscete bene: Meta, big tech proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp, non ha rinnovato il contratto di licenza sul diritto d’autore con Siae scaduto a dicembre scorso e, per questo, ha avviato il takedown delle canzoni dalle stories e dai reels dei suoi social, con grande sconforto degli appassionati del genere. Grande è la confusione sotto il cielo e, proprio per questo, abbiamo deciso di concentrarci su cinque aspetti che potrebbero esservi sfuggiti, in tutta questa confusione.

Meta vuole mettere il gettone, Siae vuole quantificare i ricavi
Siae e Meta sono distanti sulla cifra economica che remunera il diritto d’autore delle canzoni utilizzabili sui Facebook e Instagram, certo. Ma c’è anche un tema di differenza d’approccio. Meta, finora, ha messo un «gettone» per avere la disponibilità delle musiche, sia lato master (all’industria discografica abbiamo saputo che andavano circa 20 milioni) che lato diritto d’autore (attuale oggetto del contendere con Siae). Siae, forte della nuova direttiva Copyright dell’Unione europea, ha chiesto a Meta di quantificare i ricavi ottenuti grazie all’utilizzo di quei diritti, per meglio stabilire il dare e l’avere. Sul niet di Menlo Park, la trattativa si è arenata.

Meta ha avuto più difficoltà del previsto nel togliere le canzoni
La risposta di Meta al mancato accordo è stato il takedown delle canzoni amministrate da Siae dai suoi social. L’operazione, però, si è rivelata più difficile del previsto. Prima hanno cominciato a togliere orizzontalmente tutti repertori. Poi devono essersi accorti che, in punta di diritto, avrebbero dovuto togliere soltanto i repertori italiani amministrati da Siae. Come comportarsi, poi, per quelle canzoni scritte a quattro, sei, otto mani (e chi più ne ha più ne metta) con alcuni autori coperti da Siae e altri da collecting private come Soundreef? Quest’ultima si è fatta puntualmente sentire. La situazione attuale è di grande confusione: puoi fare stories con i pezzi della gran parte dei repertori stranieri e ti manca la gran parte dei repertori italiani. Talvolta neanche capisci la logica per cui alcune cose ci sono altre no.

Zuckerberg e Fedeli sono due 1984
In Italia, da decenni, il tema dei temi è il turnover generazionale. Nel fare confronti tra il Bel Paese e il resto del mondo, si diceva: «Guarda, loro hanno gente come Mark Zuckerberg che esce dall’università, fonda una startup e diventa padrone del mondo. Noi abbiamo la gran parte delle imprese in mano a settuagenari». Premesso che il problema del turnover generazionale qui da non è affatto risolto, non ci sembra un dettaglio banale che al timone di Siae come direttore generale, a partire da gennaio, ci sia Matteo Fedeli, un ingegnere gestionale esperto di blockchain. Classe 1984, come Mark Zuckerberg.

Il disarmo sull’Italia potrebbe essere figlio dei tagli di Meta
Meta, come altre big tech, sta licenziando. Una manciata di ore prima che scoppiasse il braccio di ferro con Siae appariva la notizia di altri 10mila tagli al personale. In giro per il mondo c’è chi si preoccupa che l’Italia sia un caso pilota, che il mancato rinnovo delle licenze sull’utilizzo di canzoni per stories e reels possa rientrare in questo più generale piano di tagli.

La partita si risolve negli Usa (se si risolve)
Proprio per questo, la sensazione che può avere un osservatore un po’ più attento è che la partita o si risolve negli Stati Uniti o non si risolve. E il tema, a questo punto, diventa: quanto veramente importa a Meta del repertorio italiano e, più in generale, del nostro Paese?

 

  • Roberto Affatigato |

    Non credo che gli stessi cantanti o istagram e facebook possono rimanere senza musica italiana perchè ci perdono tutti.

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