Il questionario (musicale) di Proust: #5 Federica Tremolada

A Marcel Proust è attribuito uno dei più celebri questionari di intrattenimento sociale della storia. Qui a Money, it’s a gas! lo abbiamo riarrangiato a uso dei protagonisti del mondo della musica e del music business. Dalle case discografiche ci spostiamo alle piattaforme di streaming: stavolta risponde Federica Tremolada, managing director Southern and Eastern Europe di Spotify.

 

Che ascoltatore di musica sei?
Mi definisco onnivora quando si tratta di musica. Mi piace sia la musica pop che il genere che noi a Spotify definiamo urban: hip hop and r&b evoluto sempre di più nella trap. Amo le icone musicali che hanno rappresentato gli anni della mia adolescenza (Depeche Mode, Bowie, The Cure, Smashing Pumpkins, Michael Jackson, Madonna) ma sono anche molto curiosa rispetto alle nuove uscite del panorama indie locale e internazionale. 

Qual è il disco che ti ha cambiato la vita?
«Dangerous» di Michael Jackson. È una perfetta fusione delle diversità sonore che hanno definito quel periodo storico. Pop ma anche soul, funk, R&B, un mondo da scoprire.

Qual è il libro che sta sul tuo comodino?
«31 Songs», un saggio in cui Nick Hornby descrive le emozioni provate durante l’ascolto di alcune delle sue canzoni preferite associate a momenti più o meno importanti della sua vita. Una sorta di playlist in formato libro. L’ho letto e riletto più volte, un po’ come si ascolta in ripetizione un brano musicale di cui ci si innamora. C’è una parte del libro in cui Hornby paragona le canzoni a equazioni matematiche da «risolvere» e ho sentito questo parallelismo molto familiare fin dalla prima lettura.

 Se potessi tornare a un concerto che per te è stato importante, quale sceglieresti?
Smashing Pumpkins a New York, uno show spettacolare.

Come sei finita a fare quel che fai?
Per passione, soprattutto. Ho sempre tratto energie dalla fusione di creatività e tecnologia.  Aver studiato e lavorato all’estero mi ha aiutato molto per il ruolo internazionale che ricopro ora e, personalmente, amo molto lavorare a stretto contatto con culture diverse.

 In un’altra vita che lavoro avresti fatto?
Sono molto felice del mio percorso e non lo cambierei. Da piccola, però, ho studiato musica classica e mi sarebbe piaciuto continuare a suonare il violino in un’orchestra, per cui in un’altra vita mi sarei probabilmente vista concertista. Mi sono iscritta anche al test di ingegneria aerospaziale a cui non mi sono mai presentata dopo aver passato quello per Economia delle Arti, Cultura e comunicazione. Ogni tanto mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se avessi approfondito la mia curiosità verso lo spazio.

Qual è il progetto a cui hai lavorato di cui vai più orgoglioso?
I due progetti di cui sono più orgogliosa sono il lancio di YouTube TV negli Stati Uniti e, indubbiamente, la creazione di un hub del Sud ed Est Europa per Spotify a Milano.

Qual è, invece, l’errore che non ripeteresti?
Credo che gli errori ci aiutino a costruire quello che siamo oggi per cui non ho rimorsi in tal senso. La cultura della ricostruzione da un fallimento andrebbe insegnata nelle scuole per potergli assegnare una connotazione positiva. Se potessi tornare indietro, inizierei probabilmente la mia carriera direttamente nel tech.

Qual è il tuo rimpianto più grande?
Non avere ancora vissuto in una città asiatica. E non essere mai stata ad un concerto di Michael Jackson.

Puoi riportare in vita un grande della musica di ieri per lavorarci. Chi scegli?
Elvis Presley.

Talento, lavoro di team su un progetto, fortuna: cosa conta di più per sfondare nella musica?
Credo passione innanzitutto, accompagnata da talento e lavoro di squadra. La fortuna è una variabile che non porterebbe a nulla se le altre tre fossero a zero. Tra l’altro credo che questa sia la ricetta per qualsiasi lavoro, non solo per le professioni legate al mondo musicale. Per utilizzare una metafora, vedo la passione come il motore, il talento come un acceleratore e il lavoro di squadra come una bussola in grado di aiutarti a rimanere sulla giusta strada.

Definisci gli artisti.
Creativi: dal loro lavoro emerge la cultura in cui siamo immersi ogni giorno.

Definisci i discografici.
Collaborativi: grazie allo streaming ci sono sempre più progetti su cui lavorare insieme.

Definisci i promoter.
Impegnati: ora che finalmente abbiamo aperto nuovamente le porte ai concerti non credo abbiano un minuto di pausa.

Come ti immagini il futuro del lavoro che fai?
Lo immagino sempre più globale (non importa da che paese venga creato un contenuto, ormai il palcoscenico è il mondo intero), eterogeneo sia a livello di contenuto che di industria (con una maggior rappresentazione di tutte le minoranze di qualsiasi tipo), geograficamente distribuito in più paesi (grazie al Covid, abbiamo cambiato il concetto di «sede lavorativa» come era inteso in passato) e immerso nell’innovazione (non è possibile sostenere la crescita senza attingere al cambiamento tecnologico).

 

Al questionario (musicale) di Proust hanno risposto anche:
Marco Alboni
Mimmo D’Alessandro
Claudio Ferrante
Alessandro Massara
Enzo Mazza
Andrea Rosi
Franco Zanetti