«This will be our year took a long time to come». Questo sarà il nostro anno che ci ha messo un sacco di tempo ad arrivare. Ritornello di uno tra i più celebri pezzi degli Zombies (nella foto). Attacco formidabile per un articolo di giornale, tant’è vero che non è la prima volta che lo usiamo. Questa volta, però, usarlo è doveroso: signore e signori, gli Zombies vengono a suonare in Italia. Due date per loro, la prima al Druso di Bergamo (26 ottobre) e la seconda all’Antoniano di Bologna (27 ottobre). Ma quest’anno è soprattutto l’anno dell’agenzia di promoting che ne gestisce le esibizioni per l’Europa continentale: la Otis Tours taglia infatti il traguardo del decennale di attività. Se abitualmente frequentate i circuiti live di punk, garage e rock and roll, in tutta probabilità già li conoscete. Se frequentate altri circuiti ma siete comunque appassionati di music business, vi farà piacere sapere che la Otis Tours è italiana, nasce da un’idea di due grandi appassionati di musica e ha ormai acquisito «reputation» a livello internazionale tanto da arrivare a gestire, per il Vecchio Continente, le date di gente come Flamin’ Groovies, Dictators Nyc, Detroit Cobras, Radio Birdman e CJ Ramone. Il concerto degli Zombies al Druso è soltanto l’evento clou di una due giorni di festeggiamenti che porterà nel club di Ranica, sempre venerdì sera, Coco Hames, più uno showcase di The Magnes, Miss Chain & The Broken Heels, Il Buio e Elli de Mon, mentre sabato 27 sarà la volta Radio Birdman, Derv Gordon degli Equals più The Peawees, King Mastino, The Leeches e So What.
Otis Tours è italiana, dicevamo: a fondarla da un lato Franz Barcella, 36enne bergamasco, dall’altro Diego Clemente, 38enne di La Spezia trapiantato a Malmö. «Ci siamo conosciuti – racconta Barcella – perché amavamo la stessa musica, gli stessi dischi, le stesse band. Che sono quelle delle scena punk statunitense esplosa negli anni Settanta attorno ai Ramones». Una controcultura che, negli anni Novanta, sconfina nel mainstream grazie all’esplosione dei Green Day. «Diego – continua Barcella – a la Spezia figurava tra i soci dello Skaletta Rock Club, locale storico di riferimento per gli appassionati del genere, io avevo una fanzine, organizzavo concerti all’Edoné di Bergamo. Quando parlavamo, spesso e volentieri ci ritrovavamo a fare gli stessi discorsi: perché nessun promoter porta in Italia i gruppi che ci piacciono?» Un punto di domanda dal quale nasce una sfida: «Ci siamo detti: mettiamoci insieme, andiamo all’estero, intercettiamo le band che amiamo e portiamole dalle nostre parti. Dopo tutto, due date assicurate nei locali di cui siamo soci ce le avevamo già. Bastava metterne insieme un altro paio, tirando magari dentro qualche altro locale di amici in giro per lo Stivale, e il gioco poteva riuscire. Approccio punk, un solo comandamento: Do it yourself». Il nome Otis, come nella migliore tradizione, arriva per caso. O per destino: «Diego e io – racconta Barcella – eravamo in Svezia a interrogarci su come chiamare la nostra agenzia. Lui mi racconta che un suo amico svedese ha appena avuto un figlio e lo ha chiamato Otis. Facciamo questo discorso in ascensore. Di che marca è l’ascensore? Otis. Entriamo in casa e ci imbattiamo in una biografia di Otis Redding. A quel punto, la scelta è obbligata». Adesso Otis Tours organizza tra i 40 e i 50 tour all’anno, «c’è un rapporto speciale con le band che, spesso e volentieri, ci preferiscono perché sentono che apparteniamo al loro mondo, quindi sentono di potersi fidare». Anche con i local promoter il rapporto è buono: «Partiamo dal concetto che un evento deve essere sostenibile. Per noi e per loro. Laddove il mainstream ormai tende a vendere sempre di più fumo, i veri circuiti indipendenti hanno il dovere di badare alla sostanza delle cose». Barcella parla di «fumo» e il discorso si fa interessantissimo: «È l’epoca della hype, si va ai grandi concerti tendenzialmente non perché si è fan di questo o quell’artista, ma perché questo è l’artista e quello è il concerto del momento. Chi viene ai nostri concerti non obbedisce a queste logiche: è uno che ascolta molta musica ed è interessato ad approfondire». Magari ha ascoltato «This will be our year» fatta dai Foo Fighters o dagli OK Go, ma non si accontenta: vuole andare alla radice, abbeverarsi alla fonte. Gli Zombies, nove volte su dieci, li scopri così.