X Factor: il cast definitivo, le cose che ci sono piaciute e l’avventurosa spocchia di Takagi & Ketra

E allora abbiamo il cast della 12esima edizione italiana di X Factor. Ieri sera Sky Uno ha mandato in onda gli Home Visit e di conseguenza ufficializzato i concorrenti chiamati a contendersi, a partire da giovedì 25 ottobre, il tradizionale contratto discografico con Sony Music. Per le Under donne, affidate al giudice Manuel Agnelli, ci sarà l’esotismo di Luna e Sherol da un lato, la sorprendente Martina dall’altro: chi avrebbe mai detto che un così tenero scriccioletto di ragazza sarebbe stato in grado di rendere onore alla conturbante «It’s oh so quiet» di Bjork! Sul territorio Under uomini, presidiato da Mara Maionchi, accedono alla fase finale il figlio e nipote d’arte Leo Gassmann (e figurati!), il Rick Astley in sedicesimo Emanuele Bertelli e l’originale cantautore napoletano Anastasio. Nei Gruppi, squadra che com’è noto ai più Asia Argento lascia in eredità a Lodo dello Stato Sociale, qualche chicca c’è. Per esempio: quanto sono belli i Bowland, trio due lui-una lei che dà sostanza all’anima elettronica dell’Iran profondo, persiani ma da Firenze che sofisticano con grazia trascendentale perle della musica come «Jealous Guy» del nostro amato Zio John. Non sappiamo a voi, ma a noi c’è scappata finanche la lacrimuccia. Poi i Seveso Casino Palace, formazione a due punte (entrambe femminili: la cantante-cantante e la tastierista-cantante) di rock and roll però ruspante. I Red Bricks Foundation sono figli (musicali) dei primi anni Duemila, apostoli dei vari Libertines e Strokes. Divertenti, ok, il cantante è bello e impossibile, però suonare bene è un’altra cosa. Quanto agli Over, affidati a Fedez, c’è Naomi, altra testimonianza vivente della diversità antropologica dei napoletani quando si tratta di musica, forse troppo simile a Zia Amy. E questo può diventare un problema. Matteo Costanzo ci ha sciupato «Creep» ma non è colpa sua: qualsiasi ragazzo di 25 anni, al posto suo, probabilmente la sciuperebbe. La lucchese Renza Castelli non c’è garbata di molto con la cover acustica della «Vita» che fu cantata da Dalla e Morandi. Ma ancora meno ci sono garbati gli «ospiti» scomodati da Fedez per gli Home Visit. E di loro vogliamo parlarvi: i due producer Takagi & Ketra (nella foto), spacciati dalla voce off del programma come fossero un team up tra Phil Spector e L.A. Reid. Criticavano i concorrenti con espressioni come «So Nineties» oppure «Troppo anni Novanta», per dire datato, anti-contemporaneo, irrimediabilmente fuoritempo. Cari Takagi & Ketra, gli anni Novanta ci hanno dato il grunge e le migliori cose al di là dell’Oceano da molto tempo a questa parte, il Brit Pop, i Radiohead e le migliori cose al di là della Manica da molto tempo a questa parte e un indie italiano che riuniva Csi, Bluvertigo, Almamegretta, Marlene Kuntz e fermiamoci qua, non certo Thegiornalisti e Calcutta. Giù la spocchia, signori. Ad avercene oggi di cose che suonano come gli anni Novanta! Daremmo volentieri in cambio «L’esercito del selfie». Che per inciso è una specie di variazione sul tema de «L’estate sta finendo». Come dire: so Eighties!