Cinque ragioni per stare dalla parte di Siae (secondo Paolo Marzano)

L’Italia discute di liberalizzazione del collecting e recepimento della Direttiva Barnier, riforma della Siae e «duello» con Soundreef. «Money, it’s a gas!» prova ad andare più a fondo: abbiamo chiesto a due giuristi specializzati in diritto d’autore di mettere in fila cinque ragioni a favore della liberalizzazione e cinque ragioni per stare invece dalla parte del monopolio Siae. Partiamo da queste ultime, affidate all’avvocato Paolo Marzano (nella foto), partner di Legance Avvocati Associati, presidente del comitato consultivo permanente per il Diritto d’autore, docente di proprietà intellettuale presso la Luiss Guido Carli, membro del comitato esecutivo dell’Alai e della Copyright  Society of the Usa. Che parte da una precisazione iniziale: «Mi onoro di appartenere al gruppo di quanti sposano la linea di azione del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini: manteniamo il modello Siae, ma ammoderniamola, rendendola più trasparente, democratica, efficiente. Ed ecco le mie ragioni per difendere questo modello».

 

  • Anzitutto, come rileva la Commissione Ue, i mercati della raccolta offline sono poco contendibili: i costi di gestione di una capillare rete di agenti sono elevati, ragion per cui le collectings tendono ad associare il più ampio numero di titolari di diritti e così fronteggiare i costi di amministrazione dell’attività di collecting. Eliminando dunque il monopolio legale, ci troveremmo ad avere monopoli naturali corrispondenti ai vari repertori amministrati dalla Siae, non molto di più.

 

  • La Siae non è un monopolista per un capriccio legislativo: è un ente pubblico a base associativa che persegue anche finalità sociali, e non di lucro, come altri fanno. Essa, amministrando vari repertori, può far sì che quelli più ricchi sostengano quelli che lo sono meno, può far sì che autori di maggior successo sostengano quelli meno noti e i più giovani. Una finalità sociale che contribuisce a mantenere vivo il nostro patrimonio artistico, la diversità culturale italiana. Chi persegue finalità di lucro vede questo sistema come fumo negli occhi.

 

  • La liberalizzazione del mercato fatta per i diritti connessi ha determinato una concorrenza estremamente litigiosa; ci arrivano segnali di forte rallentamento nell’incasso e nella distribuzione dei proventi tra artisti. Una buona ragione per essere molto accorti nell’assumere le stesse decisioni anche per il settore dei diritti d’autore, dove opera adesso la sola Siae.

 

  • Un quarto motivo è sempre collegato alla liberalizzazione dell’attività di collecting dei diritti connessi. La liberalizzazione ha fatto venir meno la presenza di uno sportello unico per il pagamento dei diritti, con il risultato che gli utilizzatori, come televisioni, radio e altri soggetti, sono oggi costretti a interagire con troppe collectings che, a quanto pare, richiedono il pagamento di diritti fatti o pretesi anche da altre loro concorrenti. Immaginate se alla dozzina di collectings per i diritti connessi si aggiungessero una dozzina di collectings per i diritti d’autore.

 

  • E questo mi porta al quinto ed ultimo motivo. La Direttiva Barnier prevede un sistema di aggregazione, non frammentazione, tra collectings europee; ciò per facilitare il pagamento dei diritti dovuti da piattaforme che offrono musica online, come, ad esempio, la nota Spotify, in tutti i Paesi Ue. Riducendo il numero di collectings con cui far interagire queste piattaforme, con un effetto «sportello unico», si facilita l’operatività delle piattaforme. La possibilità di concedere queste cosiddette licenze multiterritoriali per la musica online è condizionata dalla capacità di gestire un volume cospicuo di informazioni relative agli abbonamenti, ai donwloads, allo streaming di opere fatte dagli utilizzatori di musica in rete. Le collectings non sufficientemente grandi non possono operare direttamente, ma devono affidarsi ad altre, più grandi e più forti, conferendo loro un mandato. Se leviamo il monopolio Siae, avremo operatori più piccoli, probabilmente non in condizioni organizzative tali per concedere licenze multiterritoriali. Siamo sicuri di non volere un operatore primario italiano e voler operare in condizioni di sudditanza rispetto alle altre collectings Ue? Non rischiamo un altro gesto di tafazzismo all’italiana? Per questo dico, e concludo, agiamo con cautela: riformiamo la Siae, senza levarle il monopolio, poi vediamo a che punto si arriva. O l’ennesima caccia alle streghe ci farà colonizzare dagli altri, più accorti a difendere se stessi e i propri interessi.
  • daniela |

    che cosa vogliono dire le iniziali, se parlate italiano, inseritele in italiano…

  • Federico |

    Ma certo nessuno è contrario alla aggregazione. Portiamo in tribunale i libri della SIAE e vendiamone le spoglie a una qualsiasi altra collecting europea, l’aggregazione e la cultura faranno un passo da gigante!

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