Geolier canta in «napolese», ma quanti napoletani conoscono ancora il napoletano?

Ve l’abbiamo detto subito: «I p’ me, tu p’ te», la canzone di Geolier in gara al prossimo Festival di Sanremo, non è napoletano, è «napolese», quella neo lingua un po’ napoletano, un po’ italiano, un po’ prestiti attinti in giro per le serie Tv. Contiene distici che sono un pugno nello stomaco per i puristi della lingua di Salvatore Di Giacomo, tipo: «Nuij simm ddoije stell ca stann precipitann/ T stai vestenn consapevole ca tia spuglia». Ci sono dentro hapax legomenon («precipitare» non è un verbo napoletano) e un (non) utilizzo molto disinvolto della punteggiatura, certo.

Conoscendo la permalosità dei napoletani come soltanto noi napoletani la possiamo conoscere, prevedevamo che la canzone avrebbe fatto parecchio discutere una volta uscita. La cosa che non potevamo prevedere era che il trantran purista sarebbe partito già alla pubblicazione del testo su Tv Sorrisi e Canzoni (nella foto), addirittura prima del fischio d’inizio.

I social ci vanno giù duro. L’ottimo Maurizio De Giovanni sottolinea che Geolier si sarebbe pure potuto far aiutare nella stesura del testo. A dire la verità si è fatto aiutare eccome, caro Maurizio: «I p’ me, tu p’ te», oltre che da Geolier (al secolo Emanuele Palumbo), è firmata anche da Simonetta, Antonacci, Zocca, Petito, Totaro, D’Alessio. Ci si sono messi in sette.

Però, consentiteci: da appassionati cultori del napoletano che considerano il professor Colella non da meno del professor Barbero, tutta questa intransigenza la capiamo fino a un certo punto. Il problema è un altro, forse molto più banale. O complicato, fate voi: il napolese usato da Geolier è la lingua che i ragazzi parlano oggi a Napoli. E non da oggi e neanche da ieri: ricordiamo, per esempio, dibattiti di Galassia Gutenberg con il maestro Roberto De Simone contestato dal pubblico perché osava dire in pubblico che a Napoli non si parla più il napoletano. Dibattiti di quando a Napoli si faceva ancora Galassia Gutenberg.

E consentiteci ancora: non è che il napoletano di «I p’ me, tu p’ te» sia molto diverso da quello che si sente ne «Il coraggio dei bambini», album di Geolier che è stato anche l’album più ascoltato di tutto il 2023. Com’è che soltanto oggi, alla vigilia di Sanremo, ci accorgiamo della lingua che usa Geolier? Forse è soltanto che nel 2023 avevamo di meglio da fare. Nel 2023 c’era ancora il Napoli di Spalletti…