Pink Floyd, la mostra di Hipgnosis a Maiori come riflessione su surrealismo e anni Sessanta

C’è un dialogo interessante in corso nel cuore della Costiera Amalfintana e riguarda musica psichedelica, surrealismo e immaginario anni Sessanta. C’è una macchina del tempo parcheggiata a Maiori, dalle parti di Palazzo Mezzacapo, e se passate da quelle parti vale la pena montare su per farci un giro.

All’interno del Palazzo, una tra le pochissime residenze nobiliari della Costiera non trasformatasi in albergo, c’è la mostra «Hipgnosis: Pink Floyd and Beyond» che raccoglie gli scatti originali e studi che il collettivo grafico britannico Hipgnosis, composto da Storm Thorgerson, Aubrey Powell e Peter Christopherson, realizzò per le copertine dei Pink Floyd.

Si va dal guazzabuglio creativo di «Saucerful of Secrets» ai tardi lirismi di «Endless River», passando per la generosa frisona di «Atom Heart Mother», i giochi prospettici di «Ummagumma» e gli studi zoologici che con «Animals» consentirono ai maiali di volare.

C’è un Syd Barrett pensoso, nel pieno delle meditazioni lisergiche che porteranno alla sua fuoriuscita dal gruppo. E c’è il ritratto di Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason che diventerà iconico ai tempi di «Meddle». Uno speciale approfondimento – e non poteva essere altrimenti, in occasione del cinquantennale – è deticato al lavoro che portò alla creazione della copertina di «The Dark Side of the Moon».

Quanti lavori di Hipgnosis sarebbero perfettamente ascrivibili al surrealismo! Viene da rifletterci quando, da Palazzo Mezzacapo, ci si sposta ai suoi giardini. Qui c’è un’altra mostra: «Onyria – Surrealismo di Ordinaria Contemporaneità», a cura di Michele Citro e Andrea Guastella, con sculture e installazioni di Elia Alunni Tullini, Annalisa Apicella, Fabio Bini, Luigi Citarella, Pierpaolo Di Giacomo, Alessia Forconi, Ignazio Fresu, Alessandro Guerriero, Marco Manicardi, Fulvio Merolli, Giuseppe Palermo, Nicola Pellegrino, Corrado Sassi, Emanuele Scuotto, Emanuele Stifano, Filippo Tincolini e Gianluca Vietri.

Una collettiva che, tornando allo spirito originario del movimento surrealista, si sforza di fare ancora una volta del sogno (qualche volta incubo) la fonte imprescindibile dell’arte.

Ancora ai Giardini di Palazzo Mezzacapo c’è «Il cacciatore di immagini», personale di Giuseppe Palermo con pitture volutamente sbiadite che sembrano ricordi di estati passate, indefinite e, proprio per questo, infinite, eterne.

Donne, uomini, bambini senza nome, in barca, sulla spiaggia o a passeggio che potrebbero essere chiunque, ma un po’ ricordano le immagini dei Kennedy in vacanza a Martha’s Vineyard, perché niente è infinito come l’immaginario anni Sessanta, soprattutto agli occhi di chi è nato nel decennio successivo. Se ci riflettete su, un pezzo del successo intergenerazionale dei Pink Floyd poggia proprio su questa base.