«Ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori negli ultimi giorni, confesso che però la cosa che mi ha lasciato più basito è la ricerca costante del nemico, che si tratti di un bersaglio grande come Bruce Springsteen o di uno più piccolo come il sottoscritto. Sembra quasi che non ne riusciamo più a fare a meno. È una specie di malattia contemporanea».
A parlare è Claudio Trotta, patron di Barley Arts che ha aperto la propria stagione estiva 2023 con i concerti del Boss a Ferrara e al Circo Massimo, due soldout da complessivi 110mila spettatori cui farà seguito la data al Parco di Monza del 25 luglio (nella foto il “cinque” del Boss con il promoter). Ma lo sapete: più della folla festante delle due serate, il dibattito mainstream si è concentrato soprattutto sull’«opportunità» del live di Ferrara, città vicina al cuore delle inondazioni che hanno colpito la Romagna. Qualcuno ha detto che il concerto andava annullato senza se e senza ma, qualche altro ha scritto che sarebbe stato il caso di devolvere l’incasso in beneficienza, qualche altro ancora ha twittato che Springsteen – che cavolo! – almeno due cose dal palco avrebbe potuto dirle.
Abbiamo di fronte Trotta per la rituale chiacchierata di inizio stagione estiva, ma inevitabilmente Ferrara si prende la scena. «Questa è l’epoca dei social, lo sappiamo», sottolinea. «Si cerca la photo opportunity, così come si cerca l’occasione di polemica. È esattamente quello che è successo con la data di Springsteen a Ferrara, secondo la percezione che ho avuto io. Ho sentito tanta retorica, ho letto cose sgradevoli da parte di persone che in molti casi, a Ferrara, non c’erano. O, peggio ancora, da parte di chi neanche ha una vaga idea di cosa significhi organizzare un concerto. La verità è che chi fa il nostro mestiere lavora per coronare lo sforzo di migliaia di persone: quelle che all’evento lavorano e quelle che all’evento partecipano, magari spostandosi. Con tutte le ricadute positive, in termini d’indotto, per i territori che ospitano i nostri eventi. Quando fai il nostro lavoro, prendi sempre delle decisioni che possono essere semplici ma, a volte, anche molto complicate».
Le polemiche su Springsteen, in casa Barley Arts, suonano parecchio pretestuose: «Innanzitutto», sottolinea Trotta, «la scelta di suonare è stata condivisa da noi, il management dell’artista e il comune di Ferrara, città che per tutto il tempo dell’evento è sempre stata in zona verde. Una scelta che prenderei nuovamente, tornando indietro. Altro che cinismo: fossimo stati cinici, ci sarebbe convenuto annullare e incassare i soldi dell’assicurazione. Andrea Cegna, un professionista che lavora con noi, ha fatto un post bellissimo sui social, sottolineando il lavoro incredibile che solo grazie alla passione di almeno 6mia persone è stato possibile. Tutte cose che ci dimentichiamo quando ci fa comodo».
A chi insiste sul valore simbolico di uno stop a Springsteen, Trotta obietta: «Vi risulta che si sia fermato tutto tra l’Emilia Romagna e la Costa Adriatica, nell’ultima settimana? A Reggio Emilia si è giocata Sassuolo-Monza. Qualcuno ha trovato da ridire? A Pesaro, la sera stessa del concerto di Springsteen, si è giocato il quarto di finale dei playoff di basket. Chi si è indignato? A Bologna si è esibito Sam Smith. Qualcuno ha gridato allo scandalo? È vero, il Gran Premio di Imola non si è disputato. Piccolo dettaglio: l’autodromo era allagato. Attenti a non far passare per scelte simboliche quelle che in realtà sono state decisioni tecniche. E poi, a quanti insistono sull’inopportunità dell’evento, farei notare un’altra cosa: Ferrara è a soli 30 chilometri dal Veneto. Avessimo suonato 30 chilometri più a nord nessuno avrebbe parlato. Questa è l’epoca superficiale, disattenta, rozza e volgare in cui ci troviamo a vivere».
Trotta mette quindi in fila qualche numero: «Dal dopo Covid, noi promoter monitoriamo costantemente l’accesso ai nostri concerti, dall’apertura dei cancelli in avanti. A fine evento ci ritroviamo così dei report dettagliati su quanti spettatori ci sono effettivamente stati, rispetto ai numeri di prevendita. Per tutta una serie di motivi, in media si registra un sistematico 10% di persone in meno rispetto al venduto. Ebbene, per i concerti di Springsteen al Circo Massimo abbiamo avuto il 94,1% di paganti presenti, mentre a Ferrara siamo al 90%, soltanto un 4,1% in meno rispetto al dato romano. Questo mi sembra significativo e fa apparire ancora più pretestuosi gli attacchi di chi auspicava l’annullamento».
Un ultimo pensiero sul tema il fondatore di Barley Arts lo indirizza a chi avrebbe gradito un pensiero speciale del Boss, dal palco, alle terre colpite dell’alluvione: «Sono contento non lo abbia fatto. Dobbiamo finirla con le paraculaggini, con l’esibizione ipocrita dei gesti di sostegno. Springsteen ci ha regalato uno show meraviglioso che celebra la grandezza della vita e il dramma della morte. Tutto il resto diventa superfluo».
Che dire del resto della stagione estiva di Barley Arts? «C’è l’ultimo atto del tour di Bruce», sottolinea Trotta, «al Prato della Gerascia, nell’autodromo di Monza. Sarà un grande show arricchito dalle performance di The Teskey Brothers e Tash Sultana. Poi, attenzione al Comfort Festival, il 2 luglio ancora al Parco Bassani di Ferrara con Jack Johnson, Kurt Vile and the Violators, ma anche Glen Hansard e Wolfmother. Poi avremo le date italiane di Ben Harper e Fantastic Negrito, due artisti straordinari. Quanto agli italiani, ci sarà il tour di Morgan. Viviamo in un’epoca in cui siamo sempre più abituati a “contare” per determinare il successo di un artista», conclude Trotta. «Forse dovremmo cambiare approccio: più che contare, bisogna pesare l’arte. Un po’ come si faceva una volta». Quando la musica era tutta suonata.