Direttiva Copyright, Itsright in pressing: «Più peso agli artisti con le piattaforme di streaming»

Più peso agli artisti nei rapporti con le piattaforme di streaming. In una parola «Equostreaming». È la battaglia fatta propria da Itsright, collecting dei diritti connessi che rappresenta più di 8mila artisti e oltre 300 produttori discografici con mandato diretto. Obiettivo: introdurre nel nostro ordinamento un nuovo diritto per gli artisti a un’equa remunerazione per lo streaming digitale. Il contesto è quello del dibattito parlamentare sul recepimento della Direttiva Copyright che ha visto i rappresentanti della società sfilare in audizione a Roma.

Itsright evidenzia l’importanza di dare un’effettiva attuazione all’articolo 18 della Direttiva che afferma la necessità di riconoscere agli artisti il diritto a una remunerazione adeguata e proporzionata per gli utilizzi digitali. «Si tratta di introdurre un nuovo diritto che, attualmente, non è previsto nel nostro ordinamento per gli artisti della musica», ha ricordato Gianluigi Chiodaroli (nella foto), presidente della collecting.

«Per cantanti e musicisti – continua Chiodaroli – non esiste al momento nessuna tutela o equa remunerazione, al contrario di quanto, invece, è previsto da tempo per gli artisti del cinema e delle serie tv. Per gli artisti del video la legge prevede già, infatti, la possibilità di negoziare con le piattaforme un equo compenso ogni volta che le loro opere sono trasmesse in streaming. Per cantanti e musicisti questo diritto non esiste. Credo che i tempi siano ora maturi per sanare questa incomprensibile disparità di trattamento, per garantire anche agli artisti della musica la tutela delle utilizzazioni delle loro opere sulle piattaforme digitali».

Oggi, infatti, una radio o una Tv riconosce il pagamento dei diritti connessi agli artisti ogni volta che trasmette musica, mentre le piattaforme come per esempio Spotify, Apple Music, Amazon Music e YouTube non lo fanno, perché il nostro ordinamento non lo prevede. Una piattaforma che trasmette film o serie Tv come Netflix, al contrario, paga i diritti agli attori.

Un chitarrista di un album riceve i compensi per aver partecipato alla registrazione di un brano se quel brano viene diffuso in radio perché  la collecting di diritto connesso lo intercetta e negozia il compenso dovuto. Se lo stesso utilizzo è fatto sulle piattaforme streaming, lo stesso chitarrista non riceve nessun compenso.

Un paradosso bello e buono, se consideriamo quelli che fino a tutto il 2019 sono stati gli ottimi dati di fruizione dello streaming in Italia e nel mondo. «È un tema che non può più essere rinviato. Auspichiamo che l’ex vicepresidente del Parlamento Ue Gianni Pittella, relatore del provvedimento, segua con noi il tema e appoggi quella che è una battaglia di giustizia per gli artisti e coerente con il recepimento della Direttiva. Questa chiama giustamente le piattaforme alla responsabilità di veicolare opere protette sulla base di una licenza ottenuta dai titolari dei diritti: è dunque fondamentale prevedere di implementarla introducendo il diritto per artisti e musicisti a ricevere un compenso equo su questi utilizzi, così come, tra l’altro, avviene già da tempo in altri paesi europei come la Spagna», conclude Chiodaroli.

Sul tema equostreaming, già nelle scorse settimane si sono mobilitati gli artisti di tutta Europa. Per Lindvall, il batterista degli Abba, ha lanciato una petizione firmata da più di 18mila artisti europei. Un’iniziativa sostenuta da Itsright e altre importanti collecting europee che hanno portato le istanze degli artisti all’attenzione della Commissione Europea.

  • Franco Parravicini |

    Spero che questa sia finalmente l’occasione per rendere il musicista e il lavoratore dello spettacolo considerato LAVORO.

  • Gisela J Lòpez |

    Finalmente qualcuno che pensa a noi.

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