Secondary ticketing, Assomusica scettica sul biglietto nominale: «Alla Scala ha già fallito»

Proseguono le audizioni della VII Commissione Cultura della Camera dei deputati nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul fenomeno del secondary ticketing. Dopo Siae e una serie di operatori di primo piano dei settori del promoting e della bigliettazione a sfilare davanti all’onorevole Flavia Piccoli Nardelli è stato Vincenzo Spera (nella foto), presidente di Assomusica, l’associazione di categoria della musica dal vivo. Che ha cominciato con un riferimento a quanto previsto dall’ultima Legge di Bilancio. «Finalmente l’Italia fa qualcosa contro il secondary ticketing. Di questo dobbiamo essere orgogliosi noi che l’abbiamo sollecitato, ma anche i parlamentari che prestano molta attenzione a questo lavoro e che l’hanno poi reso possibile. Stiamo parlando di un settore che non ha regole e leggi che lo concepiscono. Si sta lavorando alla legge sullo spettacolo, che mi auguro in questa legislatura possa finalmente avere luce. È un elemento importante, dove devono essere capite e concepite le figure professionali. Uno dei punti fondamentali è che questo lavoro lo può fare chiunque. Il tema è la regolamentazione», ha aggiunto Spera. «La nostra associazione in qualche modo si autoregolamenta, però è sempre molto difficile lavorare in un quadro che non ha la definizione di quel settore lavorativo». Quanto al bagarinaggio online, «i biglietti vengono venduti attraverso dei sistemi che sono direttamente collegati con l’Agenzia delle entrate, quindi se ci sono dei movimenti un po’ particolari io credo che possano essere individuati. Quindi bisogna sollecitare o dare gli strumenti all’Agenzia delle entrate affinché questo avvenga». Bocciata dai promoter l’ipotesi del biglietto nominativo perché «comporterebbe problemi abbastanza grandi. Ma soprattutto anche problemi tecnici ed economici. Spesso si danno per scontate le cose, ma nessuno ragiona sul fatto che il nostro lavoro avviene in maniera non costante, in luoghi non propri, è un po’ come uno spettacolo viaggiante dove noi andiamo a lavorare in strutture che non sono nostre. E molto spesso non sono idonee, e molto spesso noi investiamo su queste strutture. Intervenendo su vari stadi in Italia è venuto fuori che non erano proprio a norma, e grazie al nostro lavoro le cose sono state sistemate a spese nostre e di chi gestiva gli spazi. Una delle esperienze fallimentari è stata fatta alla Scala, dove si è tentato di fare il biglietto nominativo, e stiamo parlando di una realtà che contiene un pubblico limitato. Non ha avuto riscontro e la cosa è stata abolita. Ci sono problematiche di tipo tecnico-economico, che è difficile ogni volta andare ad applicare in strutture che non ne sono dotate. Non si capisce perché se è la musica che va a lavorare in un teatro dove normalmente si fa musica classica o opera c’è una regola diversa. In Italia abbiamo regole diverse per la stessa tipologia di spettacolo».