Londra, 1966. Un ragazzo di 21 anni ha appena lasciato gli Yardbirds, band più promettente in circolazione, perché in disaccordo sulla svolta «pop» del progetto. Si fa abbindolare da un vecchio di 33 anni (all’epoca a 33 anni eri vecchio) che conosce la musica e gli dice: «Ragazzo, seguimi, il tuo futuro è il blues». Ne esce fuori un disco che porta il nome del vecchio e della sua band ma anche quello del ragazzo che, siccome è ancora ragazzo, in copertina legge un fumetto: «John Mayall Blues Breakers with Eric Clapton». Il modo di suonare del ragazzo sembra al di fuori dello scibile umano, eppure lui, sul palco, è quasi indifferente a tanta magnificenza; è lì e un altro poco non sa perché è lì, non gli interessa; è lì perché non potrebbe essere altrove; è lì perché è necessario, quasi fosse un aristotelico motore immobile dell’universo. Non è un caso se, pochi giorni dopo l’uscita di quel disco, sulle mura della metropolitana di Londra compare la scritta «Clapton is God», il ragazzo è Dio.
Napoli, 2022. Un ragazzo di 21 anni ha appena lasciato il club in cui si è formato e nel quale si era rifugiato perché, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, non si sentiva al sicuro a continuare a giocare in Russia. A Napoli sta a sentire un vecchio di 63 anni (anche se oggi a 63 anni non sei più vecchio) che conosce la Russia e gli dice: «Parti da sinistra, vai verso destra e cambia passo tutte le volte che te la senti». Il modo di giocare del ragazzo sembra al di fuori dello scibile umano, eppure lui, in campo, è quasi indifferente a tanta magnificenza; è lì e un altro poco non sa perché è lì, non gli interessa; è lì perché non potrebbe essere altrove; è lì perché è necessario, quasi fosse un aristotelico motore immobile dell’universo. Ne esce fuori uno dei più strabilianti esordi in Serie A e Champions League degli ultimi anni. Ah, il ragazzo si chiama Khvicha Kvaratskhelia. E chissà che in questi giorni nella metropolitana di Tbilisi non sia apparsa la scritta «K’varatskhelia ghmertia», Kvaratskhelia è Dio.
Se vi state chiedendo dove vogliamo arrivare con questo post decisamente personale e un po’ delirante, questo esercizio non richiesto di retorica plutarchiana, la risposta è in mercoledì 12 ottobre 2022: mentre il primo ragazzo, a 77 anni, incantava la folla del Forum di Assago con le varie «Key to the Highway», «Layla» in versione acustica e «Badge», il secondo ragazzo veniva incoronato man of the match dopo la partita di Champions Napoli-Ajax, terminata 4-2 (mica per caso in inglese per «suonare» e «giocare» si usa lo stesso verbo). Qualcuno dagli spalti del Forum lo ha pure gridato «Clapton is God» e il nostro pensiero, in quel momento, è andato a quello che era appena accaduto nell’unico stadio intitolato a un dio. A tutto il resto del mondo potrà sembrare una coincidenza, noi che abbiamo visto Eric con ancora in testa Khvicha proprio non riusciamo a toglierci dalla testa che i due sono della stessa razza, che il secondo è l’applicazione calcistica della divinità del primo, stessa classe sublime e stessa divina indifferenza alle cose di noi uomini. Un solista che si esercita nel mestiere della divinità. Non ci resta che ringraziare Clapton per tutto quello che continua a regalarci e augurare a Kvaratskhelia di invecchiare allo stesso modo. Possibilmente cambiando meno band. Mimmo D’Alessandro, patron di D’Alessandro & Galli e organizzatore del tour italiano di Clapton, non potrà che sottoscrivere il nostro grazie a Eric e i nostri auguri a Khvicha.