Mentre impazza la bufera del secondary ticketing che, nell’ultima settimana, ha impegnato tanto il legislatore quanto la magistratura, Luciano Ligabue (nella foto di Toni Thorimbert) dice la propria del tema, facendosi interprete di un sentire molto diffuso tra gli addetti ai lavori della musica dal vivo: i biglietti nominali sono «impossibili. Ma noi artisti possiamo poco, servono soluzioni a livello legislativo, anche perché il bagarinaggio, che prima era un’attività illecita, ora è legale». Il rocker di Correggio domani pubblica il suo primo concept album, «Made in Italy» (Zoo Aperto/Warner Music), ma non rinuncia a un colpo d’occhio sull’attualità. Anche considerando che è stato tra i firmatari della lettera di Siae che condannava il fenomeno. «Quando stabiliamo il prezzo dei biglietti per i miei concerti – spiega – il mio diktat è uno solo: che, considerati i costi di questi spettacoli, sia il più economico possibile. Da quando qualche tempo fa abbiamo cominciato a sentir parlare di secondary ticketing, abbiamo provato immediatamente a combatterlo. È chiaro che è una pratica che ci vede contro e dal 2009 abbiamo cominciato a fare informazione, a dare al pubblico la black list dei siti dove non comprare. Ma la soluzione non possiamo trovarla noi cantanti».
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