SoundCloud in crisi dopo la decisione di Sony Music che, a maggio scorso, ha rimosso dal servizio di streaming suoi artisti di punta come Adele e Hozier? Non proprio: secondo Music Business Worldwide, la società tedesca che dal 2008 ha contribuito a rivoluzionare il modo di ascoltare e fare musica sarebbe addirittura vicinissima a sottoscrivere un accordo sulla gestione delle licenze con Universal Music Group, prima major al mondo.
L’intesa, secondo le indiscrezioni riportate dal giornale online britannico, sarebbe in qualche modo simile a quella che SoundCloud strinse alla fine del 2014 con Warner Music e che fruttò a quest’ultima una quota pari al 5% del capitale della company con sede a Berlino. Con una differenza: la fetta della torta per la Universal sarebbe ancora più sostanziosa. Anche con Sony erano in corso trattative in questo senso e fu proprio il mancato accordo a portare la major alla clamorosa presa di posizione di tre mesi fa. A fare da sfondo a queste dinamiche, uno scenario che vede SoundCloud orientata a introdurre, accanto alla tradizionale versione free, un servizio a pagamento per i propri utenti. Si viaggia insomma nella stessa direzione di altri big dello streaming, primo fra tutti il leader di mercato Spotify. Dal punto di vista delle case discografiche, tutto ciò si traduce nel pagamento di royalty per i brani ascoltati. Un’opportunità già sperimentata a partire dall’anno scorso, con il lancio del portale On SoundCloud che, secondo quanto rivelato a marzo, starebbe pagando intorno ai 166mila dollari al mese ai detentori dei diritti delle canzoni ascoltate. SoundCloud, servizio nato un po’ come lo YouTube dello streaming audio per la straordinaria opportunità offerta agli artisti emergenti di caricare online e condividere il proprio materiale, alla fine dell’anno scorso contava 175 milioni di utenti attivi al mese. Dopo il dietrofront di Sony, serviva un segnale forte agli investitori. Quale segnale migliore di un accordo con Universal?