Secondo appuntamento con Casella dei dischi, rubrica di recensioni discografiche tutt’altro che mainstream di Michele Casella. Stavolta ci concentriamo sul ritorno dell’eroina afroamericana Moor Mother, sull’eleganza di Four Tet e sul debutto retromaniaco dei Tomato Flower. Anche stavolta, buona lettura e buon ascolto!
Moor Mother – The Great Bailout (ANTI- Records)
Torna con una nuova prova su lunga distanza Moor Mother, una delle figure più importanti della nuova musica afroamericana, costantemente impegnata fra consapevolezza sociopolitica e avanguardia sonora. Con The Great Bailout la sperimentatrice di Philadelphia compie un nuovo balzo nel passato, ponendo l’attenzione sul traffico degli schiavi attraverso i secoli e sull’efferato colonialismo della Gran Bretagna. Il merito di Moor Mother (nella foto) è, come sempre, quello di collegare le persecuzioni contro il popolo afroamericano all’attuale situazione sociale, sovrapponendo il nuovo hip hop col jazz più avventuroso e con un’esplosione vitale della beat poetry. The Great Bailout è un violento atto d’accusa contro le nefandezze dell’imperialismo più sfrontato, nato da un continuo impegno nella ricerca storica e da un approccio sonoro drammaticamente coinvolgente, a cui collaborano (fra gli altri) Mary Lattimore, Lonnie Holley e Angel Bat Dawid. Un disco doloroso e intenso, capace di sviluppare un sofisticato ibrido sonoro ma soprattutto di mettere sotto i riflettori gli immensi interessi economici che dal 1833 (anno dello Slavery Abolition Act) a oggi hanno influenzato la classe politica britannica.
Four Tet – Three (Text Records)
In perfetta continuità con la sua corriera ultraventennale, Four Tet tira fuori un album calligrafico e (al solito) elegantissimo, in cui convergono il downtempo degli esordi con chitarre cristalline e suoni melliflui. Fedele a sé stesso in forma e sostanza, capace di accelerare e rallentare i ritmi con sublime raffinatezza, il dj britannico affianca il post-ambient della magnifica Gliding Through Everything con il beat brillante e gioioso di Daydream Repeat. Three raccoglie alcune geniali intuizioni dell’indietronica europea degli ultimi 20 anni, proponendosi per ascolti casalinghi come per dj-set dance-oriented. A farla da padrone sono le reminiscenze dream di certa new-wave classica – che per esempio prendono felicemente il sopravvento nel brano Skater – per un album che segna momenti di contatto con artisti come The Field, Boards of Canada, Fennesz, Jon Hopkins o Washed Out.
Tomato Flower – No (Ramp Local)
Sull’onda – lunghissima – della retromania più elegiaca, arrivano al disco d’esordio i Tomato Flower, ragazzi di Baltimora fattisi notare già nel 2022 con un primo EP di raccolta psych dal titolo Gold Arc / Construction. I territori di riferimento sono quelli di Stereolab e Broadcast, soprattutto per le chitarre indie e per una voce femminile che sembra estratta da una registrazione anni Sessanta. Con 12 tracce di alternative pop che oscillano fra malinconia e gioia pacata, accuratezza melodica e dissonanze amplificate, No svela l’originalità di una formazione che sfrutta il conflitto interpersonale per sostenere la propria creatività. L’album è infatti pieno di sonorità oblique, dovute anche alla rottura sentimentale avvenuta durante le registrazioni fra i due cantanti e chitarristi Jamison Murphy e Austyn Wohlers. Il tour di supporto agli Animal Collective ha completato il loro training sonoro, portandoli a debutto senza dubbio sopra la media di genere.
Michele Casella