«La vendita dei cataloghi degli artisti è un fenomeno enorme a tutte le latitudini. Ma chi compra? Le opzioni sono due: o multinazionali straniere o fondi d’investimento. E così non è escluso che prima o poi anche i grandi repertori italiani possano finire all’estero. Ecco perché sarebbe importante che da Roma qualcuno battesse un colpo: ci vuole l’istituzione di un vero e proprio golden power su diritto d’autore e master italiani».
La proposta la lancia Sergio Cerruti, presidente di Afi, l’associazione dei fonografici italiani, per il quale l’Italia «è un paese che vanta una tradizione musicale su cui neanche c’è bisogno di soffermarsi, case discografiche ed editori indipendenti storici. Sarebbe bello se questo mondo venisse sostenuto dalla politica con una visione d’insieme. E invece, per la musica, in questo Paese sembra quasi che i soldi non ci siano mai».
Quando parla della discografia italiana, Cerruti fa riferimento a uno scenario in cui «oltre il perimetro delle major che sono multinazionali con quartier generale all’estero, ci sono marchi storici indipendenti che hanno contribuito in maniera importante a costruire il songbook della nostra popular music. Restare competitivi, su un mercato in cui il sistema del credito non funziona come dovrebbe, è complicato. Ed è qui che si rischia di ritrovarsi preda dei giganti esteri che fanno shopping su diritto d’autore e master. Il governo non deve restare a guardare: istituisca un golden power per impedire che i grandi repertori italiani ancora in mano agli italiani finiscano all’estero».
Per arrivarci, secondo Cerruti, «serve una volontà politica precisa che da noi, a onor del vero, quando parliamo di musica è sempre mancata. Da quanto tempo è che il settore chiede l’istituzione di una direzione generale Musica per il ministero della Cultura? Continuiamo a non avercela, nonostante il nostro sia il Paese di Giuseppe Verdi e del bel canto, un posto che avrebbe il dovere di considerare la musica un asset fondamentale».
Per il presidente di Afi, poi, «andrebbe anche ripensato il meccanismo del tax credit, sia per quanto riguarda la musica che il cinema. Parto da quest’ultimo: le colonne sonore sono un aspetto tutt’altro che secondario del successo di un film e il Paese di Ennio Morricone dovrebbe saperlo bene. Perché non incentivare esplicitamente, con il credito d’imposta, le colonne sonore?» Quanto al tax credit musica, per Cerruti «resta uno strumento molto importante, ma gli aiuti dovrebbero concentrarsi sugli artisti italiani o sulle opere prodotte in Italia. Incredibile che non ci siano vincoli di questo tipo nella legge che regola la misura. Tutto è migliorabile e la musica in Italia è un settore che produce sviluppo e occupazione, quindi», conclude il presidente di Afi Sergio Cerruti, «merita un’attenzione ancora maggiore da parte del legislatore».