Rototom Sunsplash non fa Primavera: «Restiamo in Spagna. L’Italia ostacola i festival»

Lo spagnolo Primavera Sound, il più importante festival musicale d’Europa (al netto del Regno Unito), tratta con Torino per una appendice italiana. Eppure in Spagna, da ormai 13 anni, si svolge il Rototom Sunspalsh Festival, l’evento reggae europeo più importante nel suo genere che nacque nel 1994 a Gaio di Spilimbergo, provincia di Pordenone, dall’idea di un organizzatore italiano.

L’edizione 2023 si svolgerà, come di consueto, a Benicàssim, provincia di Castellón, dal 16 al 22 agosto. I numeri della manifestazione sono di tutto rispetto: sette giorni di Festival, 211mila presenze da 77 nazioni con oltre 13mila bambini, 5mila over 65 e 3mila persone con disabilità (numeri che fanno riferimento all’edizione 2022).

Se la musica reggae è il cuore della manifestazione con più di 130 tra concerti e sound system, non da meno sono i contenuti paralleli tra cultura, arte, food e la tipica accoglienza che ha sempre contraddistinto l’evento. Per tutte le età e per tutti i gusti.

È lecito immaginare un re-shoring per il Rototom Sunsplash Festival? E, più in generale, perché il festival nel 2010 ha lasciato l’Italia?

«La politica, le forze dell’ordine e la stampa hanno sempre remato contro», spiega Filippo Giunta, fondatore e direttore del festival. «Nonostante il nostro obiettivo fosse quello di diffondere, attraverso la musica e la cultura, i valori del dialogo, del rispetto e della pace, cercando di collaborare con tutti gli attori del territorio».

Se nei palchi principali si alterneranno artisti come Junior Marvin con i Wailers di Bob Marley, gli UB40 con Ali Campbell, il giamaicano Anthony B, il francese Biga Ranx, l’argentino Trueno e la nigeriana Yemi Alade, da non sottovalutare il resto del programma. Dieci proiezioni tra film e corti, 17 performance dal circo al parkour, 76 workshop dedicati alla sostenibilità, allo yoga, al DIY, all’artigianato e molto altro. Trentuno talk tra cui quello dove sarà ospite in video conferenza il filosofo statunitense Noam Chomsky invitato a parlare della tematica della pace, ma anche Stella Assange, avvocata e moglie di Julian Assange giornalista e fondatore di WikiLeaks.

L’evento giunto alla sua 28esima edizione, negli anni si è attastato come una delle realtà più solide e i numeri parlano chiaro: «Siamo inoltre passati da un fatturato italiano di 1,5 milioni di euro a uno spagnolo di 5 milioni», continua Giunta, «con una ricaduta di 20 milioni sul territorio. Inoltre, diamo lavoro a 45 persone fisse, circa 400 stagionali diretti e circa 2mila indiretti».

Uno scenario che in Italia non sarebbe stato possibile immaginare. «Qui in Spagna abbiamo trovato un ambiente completamente diverso. L’intera comunità ci sostiene, non solo per la qualità delle attività che offriamo, ma anche perché facciamo conoscere attraverso il festival la città di Benicàssim a migliaia di turisti che, spesso, ritornano in altri momenti dell’anno».

Un ritorno in patria non sarebbe possibile: «La Spagna è un paese abituato a eventi di questo tipo. Esistono più di mille festival durante il corso dell’anno. Organizzare eventi è considerato un vero e proprio mestiere, il che ci permette di attingere a un settore di professionisti competenti, che rende molto più facile e sicuro il nostro lavoro. Inoltre, le istituzioni spagnole ci garantiscono servizi, strutture e trasporti che in Italia non avevamo, una perfetta coordinazione con le forze dell’ordine per organizzare le misure di sicurezza e un’area specifica dove poter svolgere le nostre attività».

Anche grazie al sostegno delle istituzioni, il festival offre un’esperienza di vacanza a 360 gradi. Nelle venti aree in cui è suddiviso, tutto è pensato per soddisfare le necessità del pubblico. Dal campeggio ai trasporti, dall’assistenza sanitaria al supporto ai disabili, Rototom offre una gamma di servizi completi dedicati alla ricettività turistica danno vita a una piccola città adatta a tutte le esigenze.

«Faccio un altro esempio: in Italia, nonostante le nostre mille richieste, l’amministrazione non ci ha mai offerto un collegamento con la stazione ferroviaria più vicina. Questo, sommato agli eccessivi controlli di sicurezza e a una stampa locale che puntava il dito su singoli episodi che non avevano nulla a che fare con i contenuti del festival, creavano un clima di preoccupazione nel nostro pubblico, che rimaneva chiuso nell’area del festival senza il desiderio di uscire a conoscere le bellezze turistiche della zona. In Spagna, invece, abbiamo l’opportunità di offrire al nostro pubblico collegamenti con stazioni, porti e aeroporti e di fargli conoscere le bellezze del territorio circostante, le forze dell’ordine sono collaborative e la stampa ci ha finalmente presentato come un evento di meritevole interesse».

Un volano turistico che la Spagna ha voluto preservare anche durante la pandemia. «Un ultimo punto a favore dell’amministrazione spagnola», conclude Giunta, «è che, durante la pandemia, abbiamo ricevuto degli aiuti economici tali da permettere al nostro personale di non essere costretto a cercare un altro lavoro, sopravvivendo dignitosamente dal punto di vista economico».