Bts live in Busan, la recensione di una Army italiana (che era lì!)

Il K-pop non è un fenomeno emergente: è definitivamente emerso a livello globale. I Bts secondo Ifpi sono la band che ha venduto di più nel 2021. Nell’indifferenza di molti occidentali, lo scorso 15 ottobre, si sono esibiti al Busan Asiad Main Stadium, stadio di calcio da quasi 54mila spettatori della seconda città della Corea del Sud. C’è più di un motivo per ritenere quel concerto un evento storico. Il primo è che  l’evento è stato organizzato per sostenere la candidatura di Busan a Expo 2030 (accesso gratuito: ci si prenotava online ma, siccome la data è finita sold out molto rapidamente, anche lì s’è visto un bel po’ di secondary ticketing). Il secondo è che si è trattato dell’ultima esibizione dei Bts per un bel po’: i ragazzi hanno raggiunto l’età della leva che – in Corea del Sud, con Kim che sparacchia missili ipersonici a pochi chilometri di distanza – è una cosa seria. Adesso partiranno a ruota per il militare, uno dopo l’altro, quindi daranno seguito ai propri progetti solisti per tornare insieme nel 2025. Qualcuno ha malignato che si è trattato del loro ultimo show prima dello scioglimento, tipo l’equivalente del concerto sul tetto dei Beatles, ma la band ha solennemente smentito sul palco. Insomma: c’era più di un motivo per cui sarebbe stato interessante andarci a quel concerto. Vi farà piacere sapere che c’erano almeno due Army (i fan dei Bts si chiamano così) italiane a quel concerto. E, se seguite il K-pop, vi farà ancora più piacere sapere che una delle due ha scritto la recensione che segue in esclusiva per «Money, it’s a gas!»: si chiama Lisa Russo e si trova a Busan per motivi di studio. Un articolo molto interessante soprattutto per capire come funziona il music business in estremo Oriente. Una delle macro-aree geografiche più importanti per il mercato discografico contemporaneo.

 

L’evento si chiama «2030 Busan World Expo Concert Bts», ufficialmente serve a sostenere la candidatura di Busan a Expo 2030 e quale migliore ambasciatore della Corea del Sud ci può essere, a livello mondiale, dei Bts? Incredibile ma vero: non si paga, occasione più unica che rara per noi Army, abituati a spendere somme che oscillano tra i 60 e i 260 euro per poter prendere parte a uno show dei nostri artisti preferiti. Una piccola premessa è necessaria: le vendite dei biglietti per i concerti K-pop in Corea del Sud funzionano molto diversamente rispetto allo scenario occidentale. Per prima cosa, l’uscita dei biglietti è suddivisa in «fasce»: ad avere la precedenza sono innanzitutto i vincitori delle cosiddette «raffle», lotterie vere e proprie tramite le quali si ottiene la possibilità di bypassare il calvario delle vendite online. La seconda fascia è dedicata ai possessori della membership del gruppo. Quindi si arriva alle vendite generali, alla quale tutti possono prendere parte e accaparrarsi un biglietto (sempre che ne sia rimasto qualcuno). Aspetto interessante quello dei prezzi: mentre in Europa i prezzi sono relativi al settore di riferimento dell’arena (generalmente standing, vip e sitting area), in Corea il prezzo è sempre lo stesso, indipendentemente dalla zona che si va a selezionare durante l’acquisto. L’ho scoperto appena sono arrivata qui, quando ho partecipato al concerto degli Enhypen, gruppo della stessa agenzia dei Bts, dove i biglietti avevano il prezzo standard di 132mila won, all’incirca 100 euro.

«Yet to Come in Busan» non può essere considerato un semplice concerto. Tutta la città di Busan si è tinta di viola, il colore ufficiale dei Bts: il parco divertimenti Lotte World è diventato un parco a tema in occasione dell’arrivo del gruppo; sono stati offerti eventi come il pre-gathering event e l’after party, mirati ad accogliere gli Army che avrebbero preso parte al concerto. Molti hotel hanno attivato convenzioni proponendo pacchetti a tema che offrivano gadget della band e servizi. Sulle spiagge di Gwangalli il ponte Gwangandaegyo è stato illuminato di viola per giorni e la sera del concerto si è tenuto uno spettacolo di droni che prendevano le sembianze dei volti dei membri dei Bts. Insomma: per gli hater del gruppo le prime settimane di ottobre devono essere state dure.

Ce n’era anche per quanti non sono riusciti ad accaparrarsi i biglietti dello show che hanno avuto a disposizione un Live-Play, ovvero la trasmissione dello spettacolo in diretta su grande schermo sulla spiaggia di Haeundae, evento che ha riunito all’incirca 10mila persone. Chi non è riuscito a spostarsi a Busan ha avuto la possibilità di guardare il concerto in diretta sulla app di Weverse, piattaforma coreana dove svariati gruppi Kpop interagiscono con i propri fan.

Un grande show che tuttavia non si è risparmiato critiche, sul piano organizzativo. Qualcuno ha per esempio parlato di pre-concerto «disorganizzato», addirittura «il peggiore mai visto»: grande confusione, personale decisamente insufficiente se contiamo il numero di persone accorse. Interessante il fatto che ti venisse dato un numerino (come quelli del supermercato) per stabilire la tua posizione nella venue. Per ritirare il proprio biglietto, tuttavia, alcuni fan (come la sottoscritta) hanno dovuto affrontare una fila di quattro ore sotto il sole, arrivando così in ritardo a mettersi in coda per entrare nell’arena. Con il rischio di perdere, in mezzo a tutto quel trambusto, il numerino della fila.

Il bello è che – come sempre succede, per chi ha già avuto la fortuna di assistere ai loro spettacoli – quando salgono sul palco loro ti dimentichi tutto il resto. I Bts si sono prodotti in uno show di 19 canzoni, alcune delle quali molto care ai fan e per lungo tempo assenti dalle setlist. Come nel volo di farfalle su «Butterfly» (a proposito: erano vere, telecomandate o ologrammi?), in «Cypher Pt. 3: Killer» che, a detta del leader Namjoon, non sarà eseguita mai più, in «Zero o’ Clock» e «Young forever», momenti davvero intensissimi sia sul piano musicale che scenografico. Per dire: in quale concerto italiano vedresti mai sul palco un vero schoolbus o un calcinculo da lunapark? Sono oggetti che noi Army conosciamo bene, perché fanno parte dell’immaginario dei video dei Bts. Per chi non lo sapesse: i concerti K-pop sono la prosecuzione dei video K-pop con altri mezzi. Motivo più che sufficiente per andarci, soprattutto se passate da queste parti. Chissà che un bel giorno non vengano davvero a esibirsi in Italia i Bts. Chissà… in ogni caso non sarà domani e neanche dopodomani: ne riparliamo dal 2025.