L’intera filiera della musica è in grande difficoltà a causa del lockdown per l’emergenza coronavirus: gli orizzonti del settore sono incerti, nessuno sa quando e come le attività potranno tornare profittevoli. Lo si è detto e ripetuto più volte, a tutti i livelli, dal famigerato 21 febbraio a questa parte. Ma all’interno dalla filiera della musica c’è un segmento che ha persino meno voce rispetto a chi produce dischi o organizza spettacoli dal vivo: si tratta dei negozi di strumenti musicali, già in gravi difficoltà a causa dell’esplosione delle piattaforme di vendita online e, adesso, addirittura a rischio fallimento.
Cosa si potrebbe fare per risollevarne le sorti? «Dare vita a un bonus che corrisponda al 25% del fatturato realizzato nel 2019 da versare direttamente all’interessato che ne abbia diritto, in un’unica soluzione entro luglio o in quattro fasi a partire da luglio a ottobre 2020 sotto il vigile controllo di una apposita commissione e funzionari dell’agenzia delle Entrate. Con una condizione imprescindibile: investire esclusivamente nell’attività commerciale dell’azienda e più precisamente in acquisto di merci, attività di marketing e sviluppo delle vendite on-line». La proposta arriva da uno che se ne intende: Claudio Formisano, commissario dei Rapporti bilaterali con la Cina e referente per mercato italiano di Cafim, la confederazione europea che raccoglie i maggiori produttori di strumenti musicali del vecchio continente.
Per lui la data del 18 maggio fissata per le riaperture «potrebbe essere troppo tardi». Secondo Formisano, «il mondo degli strumenti musicali segue un percorso che l’emergenza coronavirus ha minato alla base, mettendone a rischio il futuro. Infatti fino a oggi non solo non è stato fatto alcun passo supporto di queste attività, ma i negozi di strumenti musicali non sono mai neanche stati nominati o da chicchessia dentro e fuori dal Governo, mentre i circhi sì. Con tutto il rispetto per i circhi». Le vendite degli strumenti musicali «sono stagionali e raggiungono il loro picco nel periodo compreso tra fine settembre e dicembre in quanto seguono principalmente lo stesso andamento dei corsi di musica e dell’anno scolastico. Oltre a questo fattore, beneficiano della necessità dei rivenditori di approvvigionarsi sufficientemente in previsione del periodo natalizio».
Tra gennaio e febbraio, finito l’effetto Natale e festività, i negozi effettuano il reintegro di magazzino del venduto dopo di che le vendite si stabilizzano su valori costanti fino a maggio, mentre da giugno a settembre calano progressivamente a favore invece di un floridissimo mercato che si indentifica in service, noleggio in genere, tra teatri, conservatori, festival, saggi, fiere e live. Tuttavia, spiega Formisano, «i negozi da marzo sono chiusi, le scuole anche e riapriranno a settembre e tutto il mondo dello spettacolo è stato bloccato. Tutto ciò accade in un contesto come quello dello strumento musicale già duramente provato dalla grande crisi del 2008 dalla quale non si è mai ripreso del tutto, ha avuto giusto un accenno di ripresa nel 2014 per poi ricadere nel vortice della crisi, non riuscendo più a raggiungere nemmeno i 300 milioni di fatturato contro gli oltre 400 che aveva varcato precedentemente. Se a questo aggiungiamo che questi 300 milioni scarsi vengono suddivisi tra circa 930 punti vendita e 81 distributori balza subito all’occhio che stiamo parlando di un mercato di nicchia. Ma alimenta da sempre istruzione e cultura del nostro Paese».
Secondo l’imprenditore, «produttori, distributori, rivenditori non possono vendere da quasi tre mesi, abbiamo appena constatato che prima di ottobre non potranno riprendere l’attività mentre allo stesso tempo aumenterà drasticamente una situazione di insolvenze delle imprese che già ora è di dimensioni allarmanti. Ala luce di questa nuova realtà per giusti motivi i produttori e i distributori limiteranno gli investimenti negli acquisti delle merci al punto che, se non si interviene ora, rischieremo di trovarci in prossimità del Natale senza essere in grado di rispondere alla domanda di quel periodo e favorendo al contempo una pericolosissima penetrazione su tutto il territorio da parte dei colossi dell’e-commerce internazionale che, negli ultimi quindici anni, hanno già causato nel nostro Paese la chiusura del 25% dei negozi di strumenti musicali». Il bonus proposto da Cafim potrebbe essere la risposta che il settore sta aspettando dalle istituzioni.