La «Regina» se n’è andata quasi 27 anni fa, ma è più viva che mai. Non ci libereremo mai di lei. E visti i tempi che corrono meglio così: Farrokh Bulsara, meglio noto come Freddie Mercury, ci ha lasciato il 24 novembre 1991, scrivendo la parola fine alla parabola artistica dei Queen, band inglese che partendo dal glam anni Settanta era arrivata a dettare la linea del mainstream anni Ottanta. Un addio dal forte valore simbolico, il suo, perché causato dall’Aids, la «peste del secolo» che ci siamo lasciati alla spalle da ormai 18 anni. Freddie non c’è, ma c’è e lo puoi incrociare al cinema, a teatro e in libreria, se non sulle piattaforme di streaming e nei negozi di dischi. Partiamo dal cinema: migliaia di persone hanno riempito lo stadio di Wembley a Londra per in occasione della prima mondiale del film «Bohemian Rhapsody», biopic sulla vita di Freddie Mercury, nei cinema a partire dal 2 novembre. A unirsi alla folla di fan non sono mancati Rami Malek, che interpreta Freddie nel film, Ben Hardy, Gwilym Lee e Joseph Mazzello, che vestono rispettivamente i panni di Roger Taylor, Brian May e John Deacon. Senza dimenticare al galà delle celebrità la presenza di Lucy Boynton, chiamata sul grande schermo a recitare il ruolo di Mary Austin. Ma il vero e proprio batticuore si è scatenato quando sul red carpet sono salite due delle star del band in carne e ossa, Roger Taylor e Brian May, prima di avventurarsi tra gli abbracci e le urla dei pubblico sia all’esterno dell’arena, sia all’interno in mezzo alle file di spettatori. La pellicola è d’impatto sin da subito, esordendo con una delle più grandi hit dei Queen, «Somebody To Love».
La colonna sonora, in uscita in questi giorni, ha il potere di tenere incollati i fan allo schermo dall’inizio alla fine. Un lavoro accurato prodotto dalla Universal, nonché esclusivo visto che incorpora tracce inedite dall’incredibile performance dei Queen al «Live Aid»: cinque brani cantati dalla band e che commossero un miliardo e mezzo di persone nel luglio del 1985, ma che non erano mai stati riprodotti fino ad ora.
Il teatro, dicevamo: torna il musical «We will rock you», adattamento per l’Italia dello show prodotto da Ben Elton, in collaborazione con Taylor e May. Il debutto al Dominion Theatre di Londra risale al 12 maggio 2002, punto di partenza verso la presenza stabile nella Top 10 degli show più longevi nella storia del West End. Stavolta non si tratta di una replica dello spettacolo già visto a queste latitudini nel 2009 e nel 2010, ma di una nuovissima produzione – messa in scena da un nuovo cast – concepita appositamente per il nostro Paese da Claudio Trotta per Barley Arts. I personaggi del plot arrivano direttamente dai testi delle più celebri canzoni della «Regina»: c’è la storia di Galileo e di Scaramouche che, assieme ai ribelli Bohemians, in una società futuribile, declinazione possibile di quella attuale, riportano l’amore, la musica dal vivo e la bellezza al centro della vita. Dopo la data zero, a Civitanova Marche (il 20 e il 21 ottobre, Teatro Rossini), la nuova stagione del musical andrà in scena nelle principali città: Trieste (dal 25 al 28 ottobre, Teatro Rossetti), Assisi (1 e 2 dicembre, Teatro Lyrick), Bologna (dal 7 al 9 dicembre, EuropAuditorium), Brescia (15 dicembre, Gran Teatro Morato), Montecatini Terme (il 22 dicembre, Nuovo Teatro Verdi), Jesolo (il 10 gennaio, Palazzo del Turismo), Bassano Del Grappa (il 12 gennaio, Palabassano Due), Bergamo (il 18 gennaio, Creberg Teatro Bergamo), Milano (dal 31 gennaio al 3 febbraio; dal 7 al 10 febbraio; dal 14 al 17 febbraio, Teatro Ciak), Genova (dal 21 al 23 febbraio, Politeama Genovese), Roma (dal 27 febbraio al 3 marzo, Teatro Brancaccio), Napoli (il 5 marzo, Teatro Augusteo), Catanzaro (il 9 marzo, Teatro Politeama), Reggio Calabria (l’11 marzo, Teatro Cilea), Catania, (il 13 marzo, Teatro Metropolitan), Bari (il 16 e il 17 marzo, Teatro Team), Firenze (dal 22 al 24 marzo, Teatro Verdi), Padova (29 marzo, Gran Teatro Geox), Torino (il 5 e il 6 aprile, Teatro Colosseo) e Gorizia (il 9 aprile, Teatro Verdi).
Esce intanto per Arcana «Quee in Rocks», volume a cura di Marco Di Pasquale (pp. 480, euro 25) che ripercorre le 190 canzoni che hanno scritto insieme Freddie Mercury, Roger Taylor, Brian May e John Deacon. Con singole schede disposte in ordine alfabetico, è sì uno studio sistematico, ma racconta aneddoti e curiosità, e getta luce sul significato che si cela dietro grandi opere, piccole canzoni pop e album compositi. Di ogni brano si profila una spiegazione, parlando di musica e testo e della compenetrazione tra questi, senza tralasciare il valore dei videoclip e dei concerti. Inoltre ogni canzone è presentata con una scheda che indica valore artistico, fama raggiunta, album di riferimento, autore, genere, l’eventuale presenza di un videoclip e persino di un pezzo gemello: quasi ogni brano è infatti associato a un altro di cui sembra essere o lo specchio compositivo o il rifacimento. Meno male che Freddie c’è. Ps. Nella foto Afp il ritratto di Elisabetta II d’Inghilterra «si schiude» e ne esce quello di Mercury, opera anonima esposta a Beirut.