«Non chiamatemi don Chisciotte. So benissimo che il mondo viaggia verso le concentrazioni. In tutti i settori, dalle banche all’industria passando per l’editoria. Il fatto è che a me il mio mestiere piace. E, soprattutto, mi piace farlo in maniera diversa». A parlare è Claudio Trotta, patron della Barley Arts, società di promoting che in Italia organizza i concerti di Bruce Springsteen e AC/DC. Oggi è l’1 agosto, il primo giorno senza l’accordo Panischi, deal 15ennale da 15 miliardi di vecchie lire che, in tutti questi anni, ha tenuto legati i principali promoter italiani in esclusiva a TicketOne per la vendita online di almeno il 30% dei biglietti dei concerti da loro organizzati. Il «monopolio» – come lo chiamava qualcuno – è finito. O meglio: dal monopolio si è passati a una leadership di mercato da parte della controllata di Cts Eventim, in attesa del debutto di Ticketmaster e con Vivaticket, portale del gruppo Best Union, intenzionata a fare guerra ai leader centimetro per centimetro. Trotta è l’unico promoter reduce dal Panischi a non essersi legato in esclusiva a TicketOne. «Una scelta – commenta – di coerenza. Sono stato uno dei padri dell’accordo di 15 anni fa, insieme con Maurizio Salvadori e Roberto De Luca. Quell’accordo era lungimirante: poneva il tema della centralità delle vendite online, quando queste rappresentavano una quota molto marginale del mercato. Oggi invece sono preponderanti». E Trotta rivede, con gli occhi di oggi, l’accordo di 15 anni fa: «L’idea di partenza era molto buona. Noi promoter costituimmo una società, la Panischi appunto, per vendere sul web i biglietti per i nostri concerti. Fu giusto cercare partner di mercato con tecnologie adatte a far crescere questo business, ma fu sbagliato perdere il controllo del soggetto. Per il bene del nostro mestiere e del nostro settore, avremmo fatto meglio a conservare il controllo sulla nostra società». Il numero uno di Barley ci tiene a precisare che la sua «non è una critica a TicketOne. Anzi: mi è capitato anche di difenderla, in questi mesi, quando è finita nel mirino dell’Antitrust per la vicenda secondary ticketing mentre le responsabilità, in quella storia, erano da un’altra parte. Voglio continuare a lavorare a modo mio, con un occhio particolare alla qualità degli eventi offerti e una cura ancora maggiore alle esigenze degli spettatori». La «dichiarazione d’indipendenza» di Trotta parte proprio oggi, con la messa in vendita delle tre date invernali di Little Steven in Italia (5 dicembre all’Alcatraz di Milano, 11 dicembre al Gran Teatro Geox di Padova, 13 dicembre all’Atlantico di Roma, nella foto) attraverso il portale Vivaticket. «Per scelta – spiega – abbiamo deciso di contenere tutti i costi di servizio all’interno della soglia del 15% dei diritti di prevendita. Il tema è l’equità del costo di un evento, in un momento storico in cui si cerca di ricavare il massimo dal pubblico dei concerti, con ricarichi spesso e volentieri immotivati e irragionevoli. Noi siamo contro la speculazione e, per contrastare il secondary ticketing, proporremo ancora una volta biglietti nominali». È il concetto di esclusiva che il patron di Barley, stavolta, respinge: «Un promoter, quando concede un’esclusiva a una piattaforma di ticketing, incassa. I soldi fanno comodo a tutti, certo, ma dal mio punto di vista è ancora più importante conservare una propria identità. Questa è la musica, amici miei cari, non finanza».
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