Le malelingue già erano all’opera: «Vedrai che non firmerà. I suoi concerti li organizza Live Nation che sul tema non ha mai assunto una posizione netta di condanna». Chi lo conosce bene gettava acqua sul fuoco: «Non è tipo da prestarsi tanto facilmente alle petizioni. Non gli piacciono le strumentalizzazioni che a volte, quando sottoscrivi un documento, ti piovono addosso. Firma solo se è veramente convinto di quello che firma». A conti fatti, avevano ragione questi ultimi: anche Vasco Rossi (nella foto Ansa) ha sottoscritto la petizione Siae contro il secondary ticketing, punta dell’iceberg di una mobilitazione crescente, scatenatasi dopo il caso Coldplay e sfociata – finora – in un ricorso d’urgenza presentato dalla Società italiana autori ed editori al Tribunale Civile di Roma (prossima udienza fissata per novembre) e in un’indagine dell’Antitrust che ha messo nel mirino Ticketone e quattro siti del mercato secondario dei biglietti. Tra le new entry della petizione figurano anche Ron e Ornella Vanoni. Bene così: l’assenza del pesantissimo nome del Blasco nazionale nella lista di artisti italiani schieratisi dalla parte del pubblico dei concerti – da Ligabue a Jovanotti, passando per Eros Ramazzotti, Laura Pausini e Francesco De Gregori – rischiava di creare equivoci. Bene così. Anzi: «Va bene/ va bene/ va bene/ va bene così».
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