Non ci sono più gli scandali di una volta. Qualche secolo fa si dibatteva della Nona di Beethoven, adesso il massimo che passa il convento è la polemica sulla nonna di Elisa. Che non è l’Elisa dell’omonimo pezzo in la minore del Genio di Bonn, ma Elisa Toffoli, una tra le maggiori pop star italiane della sua generazione, reduce dalla pubblicazione di «On», album pubblicato da Sugar che segna il suo ritorno al cantato in lingua inglese. Il disco ha ottenuto numerose recensioni e, tra queste, quella di Paolo Madeddu di «Rolling Stone» che, a proposito di «Bruciare per te», ha parlato di «brano che rivela dove andrà a parare fin dalle prime note, con le tastiere che prendono la rincorsa in cerca della quaterna di accordi su cui appoggiare l’unz unz unz, ma preceduto e chiuso dal DeFilippismo assoluto della nonna di Elisa (credo) che canta “Serenata a Marirosa” di Otello Boccaccini e poi si lamenta delle “canzoni moderne con quel tomtomtomtom da spaccalegna”». Opinioni legittime che proprio non sono andate giù alla diretta interessata. La quale, sul suo profilo Facebook, ha reagito platealmente: «Ciao Paolo, puoi scrivere tutte le cattiverie che vuoi sul mio conto, sulla mia musica, su quello che penso secondo te eccetera… Ma non toccare mia nonna perché altrimenti mi incazzo sul serio. Lascia stare mia nonna ok?». Come sempre succede quando fai certi assist al popolo del web, nei commenti si è scatenato l’inferno, compresi innumerevoli frasi offensive e impertinenti rivolte al giornalista. Il caso è stato ricostruito nella sua complessità da Franco Zanetti su Rockol che arriva a delle conseguenze condivisibili: «La prossima volta qualcuno che è stato criticato (un cantante, un attore, un personaggio televisivo) pubblicherà sul suo Facebook l’indirizzo privato dell’incauto critico invitando – esplicitamente o subliminalmente – i suoi fan ad andare ad aspettarlo sotto casa». Non per questioni di solidarietà di casta, quanto piuttosto di buonsenso, riteniamo che un po’ di concetti vadano messi in fila. E visto che siamo nell’epoca della riproducibilità sui social network dell’informazione musicale, facciamolo sotto forma di decalogo di Facebook ad uso delle popstar. O dei di loro social media editor.
Primo: sforzati di scrivere sempre cose originali, non per forza riguardanti te e il tuo lavoro. Essere autoreferenziali alla lunga non paga. Per di più annoia.
Secondo: ricordati dell’autoironia. Sui social network prendersi troppo sul serio riesce spesso controproducente.
Terzo: nei limiti del possibile, rispondi ai commenti. Con intelligenza, garbo e quell’autoironia di cui sopra.
Quarto: la popstar sei tu. E allora incassa con stile i colpi subiti e non utilizzare mai Facebook o Twitter per replicare alle critiche. Se metti tua nonna in un disco, tua nonna diventa parte di un’opera d’arte. Che potrà piacere o meno. Che sarà sottoposta inevitabilmente al libero esercizio di critica.
Quinto: gestisci (o fai gestire) i commenti di chi ti segue. Non puoi lasciar passare tutto, comprese le offese gratuite a terzi.
Sesto: guarda Gianni Morandi. E prendi appunti. Che li scriva direttamente lui o glieli scrivano, i suoi post, conta poco. Il suo è un caso di studio.
Settimo: non esagerare, però, con i «reality bites». Il colore del tuo accappatoio, la lucentezza del parquet di casa o l’ampiezza della cuccia del cane magari non interessano a tutti.
Ottavo: se trapassa un illustre collega, occhio a come lo commemori. L’aneddoto ci può stare solo se eravate veramente amici, in caso contrario chi se ne frega. Se muore David Bowie, per esempio, posta un suo brano non scontato. Ammesso che un suo brano non scontato abbia realmente contato qualcosa per te. In caso contrario, astieniti.
Nono: evita la captatio benevolentiae rivolta al pubblico di una località in cui stai per esibirti. Non è elegante.
Decimo: non è obbligatorio stare sui social network. Se devi starci male, meglio non starci affatto. Principio ultimo semplicissimo che contiene tutti gli altri nove.