Da Morricone a Muti: «Il diritto d’autore non è mercato». Trenta big a sostegno di Siae

«La logica di puro mercato non deve distruggere una cultura di civiltà preziosa come la protezione del Diritto d’autore: Diritto di tutti gli Autori». Si conclude così la lettera firmata da oltre 30 big della cultura e dello spettacolo, da Roberto Benigni (nella foto Ansa) a Riccardo Muti, da Andrea Bocelli a Fiorello, da Ennio Morricone a Carlo Verdone, che la Siae ha presentato oggi in audizione all’Antitrust, nell’ambito dell’istruttoria aperta dall’Autorità nel 2017 per verificare se la Società autori ed editori abbia messo in atto pratiche anticoncorrenziali illegittime. «Le decine di milioni di opere oggi disponibili in Italia attraverso la Siae, che sono create da decine di migliaia di autori e usufruite da tante migliaia di utilizzatori, non possono vivere ed essere gestite secondo logiche di mercato», sottolineano i firmatari della lettera, Claudio Baglioni, Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Andrea Bocelli, Andrea Camilleri, Cristina Comencini, Paolo Conte, Maurizio Costanzo, Francesco De Gregori, Pino Donaggio, Roberto Faenza, Fabio Fazio, Rosario Fiorello, Paolo Fresu, Luciano Ligabue, Dacia Maraini, Giuliano Montaldo, Gianni Morandi, Ennio Morricone, Riccardo Muti, Ferzan Ozpetek, Gino Paoli, Franco Piersanti, Nicola Piovani, Michelangelo Pistoletto, Gigi Proietti, Giulio Rapetti Mogol, Massimo Ranieri, Gabriele Salvatores, Maurizio Scaparro, Giuseppe Tornatore, Carlo Verdone. «Per questo la storia ed il nostro legislatore hanno spinto per la gestione collettiva del diritto d’autore come unica soluzione che consentisse a ciascun autore – senza discriminazione rispetto alla notorietà degli autori – di poter ricevere il frutto legittimo del proprio lavoro e di non essere svilito». Ma oggi, avvertono, «il diritto d’autore viene vissuto, da parte di qualcuno, come un puro mercato. Ciascun individuo-autore è divenuto merce. Ogni opera è divenuta merce. Tutto si è trasformato in logica di commodity. E soprattutto la stessa gestione collettiva del diritto d’autore corre il rischio di essere sacrificata sull’altare della concorrenza. Ma il libero scambio non deve prevalere sull’identità culturale e sulla certezza di assicurare agli autori ed editori il giusto compenso del loro lavoro. Tutti questi principi riteniamo che non debbano essere messi in discussione da questa Autorità». I firmatari si dicono «preoccupati non tanto per noi stessi ma per tutti gli autori, soprattutto per quelli più deboli. Una logica strettamente mercantile non dovrebbe essere auspicata da una Autorità economica, né tantomeno da essa direttamente imposta. E soprattutto un nuovo sistema non dovrebbe essere deciso al di fuori e al di là delle scelte del Governo e del Parlamento. La creatività è motore della nostra cultura. È stato motore della nostra storia e deve essere fulcro del futuro della nostra Repubblica. Del nostro futuro può e deve discutere il nostro Parlamento, attuando scelte di politica o come si suole dire di sistema».