Una casella dei dischi distopica e a tinte noir quella di questa settimana: le recensioni tutt’altro che mainstream di Michele Casella, infatti, ruotano intorno al disco di John Carpenter, Cody Carpenter e Daniel Davies, a “Ghosted”, progetto di Oren Ambarchi, Johan Berthling e Andreas Werliin e ai Camera Obscura. Come sempre, buona lettura e buon ascolto!
John Carpenter, Cody Carpenter e Daniel Davies – Lost Themes 4: Noir (Sacred Bones)
Il maestro dell’horror e della fantascienza John Carpenter non è solo un prolifico cineasta, ma da sempre è anche compositore. Alle colonne sonore dei suoi film si aggiungono anche le soundtrack realizzate per altri registi e, dal 2015, le raccolte di musica non cinematografica. “Lost Themes” è infatti il titolo di questo progetto discografico, che arriva ora al quarto capitolo con il supporto del figlio Cody Carpenter e del compositore britannico Daniel Davies. Il sottotitolo “Noir” in parte descrive le atmosfere di queste dieci tracce, che partono dalle tensioni più oscure di “My Name Is Death” per poi aprirsi alle chitarre adrenaliniche di “Last Rites” e alle suggestioni umbratili di “The Burning Door”. Nei nuovi “Lost Themes” c’è spazio sia per i synth più drammatici che per le drum machine più pulsanti, dato che John Carpenter riesce ad alternare la quiete tormentata alle esplosioni hard-rock. Un disco che incrocia la storia del genere con gli elementi che hanno reso celebre il regista statunitense.
Oren Ambarchi, Johan Berthling e Andreas Werliin – Ghosted II (Drag City)
Secondo volume di un’opera fondamentale per la discografia del compositore australiano Oren Ambarchi, qui in brillante collaborazione con Johan Berthling e Andreas Werliin. A due anni esatti dall’uscita del primo album, il progetto “Ghosted” torna a incantare con il suo concentrato di jazz, world music e sperimentazione, che fa del ritmo e degli incastri strumentali il suo elemento distintivo. Gli schemi post-kraut della triade chitarra/basso/batteria trovano nuova vitalità nei quattro movimenti del nuovo disco, per un’esaltante sessione di ascolto in cui i groove più ammalianti sorreggono le vibrazioni meditative e le atmosfere in costante tensione sonora. Registrato nello Studio Rymden di Stoccolma, “Ghosted II” si conferma fra le esperienze musicali irrinunciabili di questi anni, capace di incontrare le preferenze degli ascoltatori più disparati e viaggiare fra minimalismo, eleganza jazz e propensione alternative.
Camera Obscura – Look to the East, Look to the West (Merge)
Il legame della città di Glasgow con il suono indipendente è indissolubile ormai da decenni, ma nel solco dell’indie-pop i Camera Obscura sono senza dubbio la band di culto di un’intera generazione. Fondata nel 1996 ma a secco di pubblicazioni inedite da oltre dieci anni, il gruppo della vocalist Tracyanne Campbell torna con un disco agrodolce fatto di splendide ballate, melodie carezzevoli e momenti più introspettivi. Accanto alla classica forma canzone alternativa (per esempio nella superba opening song “Liberty Print”), i Camera Obscura mostrano un interesse per il country rock (“Big Love” e “The Light Nights”) e la spinta verso un certo romanticismo malinconico. Orecchiabili ma sempre sorretti da arrangiamenti sofisticati, autori di testi che esplorano l’amore e la perdita, le gioie e i dolori delle cose di ogni giorno, i cinque scozzesi centrano perfettamente l’obiettivo e pubblicano un disco di inaspettata freschezza e lieta accessibilità.
Michele Casella