Cramps Records, Monica Palla racconta Gianni Sassi: «La nostra forza? Facevamo dischi a perdere»

Se siete cresciuti respirando – più o meno direttamente – la controcultura degli anni Settanta italiani, Cramps Records non può che essere un pezzo importante delle vostre vite. Se Cramps Records è un pezzo importante delle vostre vite, l’appuntamento per giovedì 6 aprile è al Teatro Lirico Giorgio Gaber, dove si terrà il concerto celebrativo del cinquantennale dell’etichetta discografica indipendente fondata da Gianni Sassi. Sul palco, nella serata presentata da Jo Squillo, ci saranno Patrizio Fariselli con l’Area Open Project, Eugenio Finardi, gli Skiantos, Lucio Fabbri, Carlo Boccadoro e Andrea Tich. In occasione dell’evento, vogliamo rendere omaggio speciale alla stagione di Cramps Records, a Gianni Sassi e al suo infaticabile talento di organizzatore culturale: il ricordo di Monica Palla che fu una dei suoi più stretti collaboratori. Buona lettura.

 

La Cramps Records non nasce solo per l’amore della musica, ed è il risultato di una felice intuizione e di una attenta analisi di quanto sia potente la musica come veicolo di comunicazione.
All’epoca Gianni Sassi, poco più che trentenne, aveva già alle spalle quasi un decennio di attività come pubblicitario e creatore di progetti di immagine.
Attraverso la collaborazione con l’etichetta discografica BlaBla per la creazione di alcune copertine di dischi e la cura dell’immagine di diversi artisti, tra cui un esordiente Franco Battiato, Sassi si rese conto che la musica poteva essere un terreno ideale sul quale misurarsi per veicolare il suo pensiero.
Così, a fianco dell’agenzia pubblicitaria Al.Sa (di Albergoni e Sassi), nel 1972 prese vita l’etichetta discografica Cramps Records.
Allora io ero grafica pubblicitaria e junior account dell’agenzia e dovetti imparare in fretta a rapportarmi con il mondo artistico musicale e con i suoi protagonisti.
A Sassi del prodotto finito, del risultato del lavoro in sala di incisione, non importava troppo. A lui piaceva accogliere gli artisti nel suo ufficio, dialogare con loro, portarli a cena e far loro scoprire nuovi piatti, apprezzare vini particolari, e metterli a contatto con altre discipline artistiche, con altre culture; poeti, pittori, scrittori, fotografi… in altre parole, Gianni svolgeva per molti di loro il ruolo di mentore.
Quando comprendeva che l’artista era libero da pensieri convenzionali, quando percepiva la sua urgenza di esprimersi fuori dagli standard usuali della musica del periodo, lo accoglieva nella scuderia Cramps permettendogli di registrare un album senza porre ostacoli. Ha sempre consentito agli artisti di esprimersi liberamente e non si è mai permesso di intervenire in un progetto artistico cercando di plasmarlo in funzione di un maggiore consenso di mercato.
Gianni Sassi non era un patito della forma artistica musicale, gli piaceva ascoltarla, ma si distraeva facilmente. Quando un gruppo o un singolo artista gli faceva ascoltare il risultato del lavoro, Gianni assumeva un atteggiamento assorto dietro il fumo delle sue inseparabili sigarette. Alla fine dell’ascolto spesso esclamava qualcosa come «Fantastico», oppure annuiva sorridente e soddisfatto. Io, che assistevo a queste audizioni e che lo conoscevo profondamente, sapevo che la sua capacità di restare concentrato sulla musica durava pochi minuti, poi dietro quell’apparente interesse, spesso si celava altro. Magari sfruttava quel lasso di tempo per prepararsi mentalmente a una successiva riunione o una telefonata impegnativa da fare in giornata. Lo stesso succedeva con i concerti.
Ce lo trascinavo a viva forza, ma dopo pochi minuti Gianni cominciava ad annoiarsi. Per lui era sufficiente studiare la tipologia di ammiratori che l’artista in questione raccoglieva e percepire quel clima di fermento e di attesa che precedeva la musica. Quella partecipazione sentita costituiva la sua soddisfazione, per lui era il riconoscimento dell’impegno collettivo speso. Così come non sono mai riuscita a farlo restare in un cinema fino alla fine di una qualsiasi proiezione cinematografica, capolavori compresi, non c’era verso che lui assistesse per intero ad un concerto anche dei suoi stessi artisti. Questo non significava che non li ammirasse, non li apprezzasse, semplicemente non sentiva il bisogno di assistere al loro successo. Avevo raggiunto con lui un compromesso. Si restava per un po’, poi si andava a trascorrere un po’ di tempo in qualche vicino bar e si tornava almeno un quarto d’ora prima della fine, in modo che gli artisti avessero il piacere di incontrarlo dopo il concerto.
Le copertine dei dischi nascevano dalle conversazioni con gli artisti. Gianni a volte chiedeva loro di portare un oggetto a loro caro, o di esprimere il concetto di fondo su cui di basava quel progetto musicale. Quello gli era sufficiente per progettare le immagini di copertina che venivano mostrate solo quando erano già pronte per la stampa. Non ammetteva richieste di cambiamenti. A parte pochi artisti, quelli che hanno dimostrato nel tempo capacità e longevità anche oltre l’esperienza Cramps, la maggior parte dei dischi venivano realizzati, con piena consapevolezza, in perdita economica. Il riscontro di mercato non è mai stato il criterio con il quale Sassi sceglieva le produzioni da realizzare, si cercava di pareggiare i conti attraverso altre l’attività come gli introiti che derivavano dall’agenzia pubblicitaria o da altri incarichi in ambito culturale.
Non si considerava un discografico e non amava essere definito tale. Per lui la musica era principalmente una prospettiva attraverso la quale svolgere il suo lavoro di comunicatore. Lo scopo della Cramps era quello di creare un catalogo unico e irripetibile che durasse nel tempo e che avesse valore internazionale. Così è stato, ad altissimi livelli di qualità e creatività e non si può dire che egli non sia riuscito nel suo intento. Il catalogo Cramps è ancor oggi oggetto più che mai di collezionismo e di culto. Le collane Nova Musicha e Diverso sono trattate come vere opere artistiche ed esposte spesso in mostre d’arte, l’etichetta Cramps nel suo insieme è considerata ancora – a distanza di 50 anni dalla sua nascita – la più iconica etichetta discografica indipendente italiana.
Sassi nel 1980, dopo circa 8 anni di attività, decise che quell’esperienza poteva considerarsi conclusa, ma l’entusiasmo per proseguire era già venuto meno nel 1979 con la prematura morte di Demetrio Stratos cui era legato da un affetto profondissimo e quasi paterno. Era tempo di voltar pagina e percorrere ancora una volta i sentieri di una creatività geniale, originale, senza limiti.
Monica Palla

  • Pasquale Minieri |

    Gianni fu veramente importante per tutto quello che era la Cultura in quegli anni. L’incontro con lui per noi del Canzoniere del Lazio fu bellissimo.

  Post Precedente
Post Successivo