Casella dei dischi: le recensioni a Gastr Del Sol, Diiv e M.Wagner

Nuovo appuntamento con le recensioni di Casella dei dischi, lo spazio alla musica tutt’altro che mainstream curato da Michele Casella. Oggi si parla di Gastr Del Sol, Diiv e M.Wagner

Gastr Del Sol We Have Dozens Of Titles (Drag City)
C’era una volta il post-rock. E (per fortuna), non è andato più via. Negli anni 90, in un periodo in cui destrutturazione, frammentazione e contaminazione erano i termini imperanti del suono alternativo, il post-rock ha contribuito in maniera determinate a ridisegnare una possibile via di fuga originale. Fra le innumerevoli band che sono state incluse nel calderone di genere, i Gastr Del Sol (nella foto) hanno sempre rappresentato uno dei punti più alti del connubio fra musica colta e rock, ricerca sonora e appetibilità melodica, producendo album che sono fra i capolavori indiscussi di quel decennio. Dopo 26 anni di silenzio, David Grubbs e Jim O’Rourke aprono lo scrigno delle registrazioni d’epoca e ci regalano un triplo LP che comprende registrazioni dal vivo e brani da studio del tutto inediti. Si parte con The Seasons Reverse, registrata live nel 1997 durante l’ultimo concerto della band, un colpo al cuore per coloro che hanno seguito i Gastr Del Sol nel corso degli anni, per proseguire con composizioni che restano una memorabile scoperta uditiva. La musica concreta si incrocia con le chitarre di estrazione folk, rock e sperimentale, spostandoci dai momenti di introspezione a quelli più dinamici, mostrando come analogico ed elettronico possono trovare perfetto equilibrio stilistico. Un album da esplorare con attenzione e curiosità, che va a completare la discografia della band ma che soprattutto si inserisce nell’incredibile percorso sonoro che Grubbs e O’Rourke hanno costruito nella loro impressionante carriera da solisti.

 

 

Diiv Frog in Boiling Water (Fantasy Records)
Per una band che in tanti considerano derivativa, i Diiv hanno ormai costruito una identità ben riconoscibile, fatta di feedback e rarefazioni, romanticismi e frastuoni. Cresciuti a suon di chitarre elettriche, “sostanze alteranti” e My Bloody Valentine, i ragazzi di Brooklyn confezionano un disco decisamente perfetto per coloro che vivono di shoegaze e melodie romanticamente sofisticate. Più attenti che in passato a temi di attualità e collasso del capitalismo, con un occhio che guarda agli anni Novanta e un altro che si inoltra negli anni Venti, i Diiv incorporano l’ossessione per i riverberi fra le maglie del pop-rock, pubblicando uno dei migliori album di genere del 2024. Consigliato anche un salto sul sito https://soul-net.co/, che la band ha messo in Rete con un approccio 1.0 e una lunga ed eccentrica lista di contenuti sul tema della “macchina capitalista”.

 

 

M.Wagner We Could Stay (Extremely Pure)
Ancora Brooklyn sulla rotta dei suoni incandescenti, saturi di interferenze aliene e crepitii digitali, questa volta indirizzati dal producer elettronico M.Wagner all’interno del suo album di debutto per la label Extremely Pure. Influenzato dal suono techno e strutturato da una marcata attitudine indie, We Could Stay mostra punti di contatto con una molteplicità di artisti e influenze, primo fra tutti il campione The Field, nome tutelare di una marea di nuovi artisti elettronici. Spaziando da momenti di chillout ad accelerazioni ipersoniche, Matthew Wagner si dice affascinato da Gustav Mahler e Igor Stravinsky, sebbene suoni più glitch che classico. La padronanza della produzione e l’uso elegante di suoni eterogenei donano a questo disco una complessità che si riverbera sulla longevità d’ascolto, sprigionando una potenza enfatica da far roboare attraverso il vostro impianto hi-fi casalingo.
Michele Casella