Schiaffi all’opera di Piacenza: dove andremo a finire, signora mia?

Inutile che ci giriamo intorno: certi modelli proposti da un determinato tipo di musica ispirano volenza. Ignorarlo è da ipocriti, intervenire quanto mai necessario: occorre al più presto un giro di vite.

Prendete quello che è accaduto venerdì scorso in un teatro di Piacenza, mentre sul palco si cantava di un femminicidio-suicidio commesso da un alto ufficiale nero di stanza a Cipro per questioni di gelosia.

Proprio quando lei cantava a lui «Mi fai paura», in platea uno spettatore si è girato verso la fila posteriore e ha schiaffeggiato in pieno volto una donna, riducendola in lacrime.

Motivo: la malcapitata avrebbe parlato durante lo spettacolo, disturbando l’aggressore. Che, al termine dell’esibizione, ha comunque potuto lasciare il teatro indisturbato, in compagnia di moglie e figlio.

Quasi nessuno tra i presenti si sarebbe accorto dell’accaduto, a testimonianza dell’indifferenza che purtroppo in certi ambienti – abituati a vedere messi in scena avvelenamenti, pugnalate e deportazioni varie – circonda l’esercizio della violenza.

Ma adesso basta: è giusto che gli autori di un certo tipo di musica assieme a chi produce e promuove i loro spettacoli vengano ricondotti alle proprie responsabilità. Se necessario anche vietando determinate opere che rischiano di venire fraintese.

La storia che avete appena letto è accaduta al Teatro Municipale di Piacenza, mentre andava in scena l’«Otello», un’opera scritta 136 anni fa da un pericoloso sobillatore di nome Giuseppe Verdi. L’aggressore è un distinto signore in abito scuro sui 60 anni, l’aggredita una placida signora dai capelli bianchi sull’ottantina che si accompagna con un bastone. Schiaffi all’opera: ma dove andremo mai a finire, signora mia?

Per questo, quando vi dicono che il rap, la trap e il death metal andrebbero censurati alla fonte perché incoraggiano i comportamenti violenti, vi dicono una roba vecchia di 249 anni. Almeno quanto il «Werther» di Goethe che qualcuno avrebbe voluto censurare perché incoraggiava i suicidi, ma per fortuna il Settecento era ancora un po’ l’età dei lumi.

E visto che ci troviamo a parlare di illuminismo, questa storia degli schiaffi all’opera chiudiamola così: non sono d’accordo con il rap, la trap e il death metal, ma sono pronto a morire affinché possano esprimersi liberamente. Morire, vabbé, ma di morte lenta.