L’uomo vero lo vedi nel duello, diceva un’antica legge – non scritta – della cavalleria. Il musicista vero, evidentemente, pure. E così il duello pianoforte contro pianoforte tra Stefano Bollani e Gonzalo Rubalcaba, consumatosi sul Belvedere di Villa Rufolo per l’evento clou della Settimana del Jazz del Ravello Festival, ci conferma che Rubalcaba è uno dei migliori interpreti mondiali del piano jazz della sua generazione e che Bollani è il miglior musicista che abbiamo in questo momento in Italia.
È un duello molto particolare, il loro: non ci vedi rivalità, ma stima sincera e profonda amicizia. Partono insieme con «Joan», perla estratta dal corpo di «Inner Voyage» (1999) dell’artista cubano, proseguono con «Il barbone di Siviglia», brano dell’artista toscano, curiosamente dello stesso anno (l’album era «L’Orchestra del Titanic»).
Gonzalo è il solito mostro di tecnica e, insieme, un grande sentimentale; Stefano l’amico che al liceo magari non era per forza il primo della classe, però il senso della lezione lo capiva meglio del primo della classe, quindi a conti fatti era pure meglio del primo della classe, perché conta più una battuta di spirito che ti spiega Leopardi che tutta «La ginestra» imparata a memoria. E il jazz è materia così seria che non puoi far altro che scherzarci su.
Per Rubalcaba era la prima volta a Ravello, per Bollani no: logico, quindi, che toccasse a quest’ultimo fare gli onori di casa, litigando con un microfono che credeva acceso e, invece, era spento. «Finora abbiamo suonato un pezzo di Gonzalo e uno mio», dice al pubblico. «Adesso ne facciamo uno che abbiamo scritto insieme». Parte il tema di «Reginella», la più classica delle canzoni napoletane classiche e una risata sommerge gli spalti di Villa Rufolo. La canzonetta di Libero Bovio in mano a questi due diventa una ballad jazzistica che non avrebbe sfigurato nel repertorio del trio di Keith Jarrett.
Rubalcaba resta solo sul palco per un’improvvisazione che macchia di salsa gli arpeggi di Bach, Bollani torna a fargli compagnia per un’incursione nell’amato Brasile di «Samba de uma nota só», quindi tocca a lui improvvisare in piano solo e il riferimento, a tratti, è esplicitamente jarrettiano. Scale come raffiche di mitra, così appassionate che fai fatica a star seduto. Vale per il pubblico, come per l’esecutore. Il concerto volge alla fine con il Duke Ellington zingaresco di «Caravan», uno di quei pezzi jazz che tutti conoscono ma pochi si prendono la responsabilità di suonare, perché è una specie testo sacro. Bollani e Rubalcaba, con sapienza e rispetto, lo mettono al centro della loro liturgia. Quasi ovvia la standing ovation.
C’è tempo per un bis ed è «Blue Bossa», altro standard, stavolta di Joe Henderson, che il pianista cubano ha inserito nel proprio repertorio da qualche anno. Suggello perfetto per la curiosa crociera Napoli-Rio de Janeiro, con scalo a l’Avana, in cui i duellanti hanno imbarcato il pubblico del Ravello Festival. A proposito: chi lo ha vinto il duello tra i due contendenti? Non c’è una risposta definitiva a questa domanda. La musica, per fortuna, non ne pretende.