Eurovision Song Contest, vince l’Ucraina, Michielin solo 16esima. Un talent che prova la marginalità del pop continentale

Per anni abbiamo fatto finta che non esistesse. Un giorno all’improvviso pure noi italiani ci siamo accorti che anche la musica leggera ha la sua Champions League, ossia l’Eurovision Song Contest. C’è scappato persino il tweet del premier Matteo Renzi che incoraggiava Francesca Michielin con la sua «Nessun grado di separazione», reduce dal secondo posto all’ultimo Sanremo. Ma la sensazione è che stavamo meglio quando ci giravamo tutti quanti dall’altra parte per non guardare, perché lo spettacolo andato in onda ieri sera su Rai 1 è apparso poco più che un talent show di paese. Alla fine la 61esima edizione l’ha vinta l’Ucraina con il brano «1944», dedicato alla deportazione dei tartari di Crimea sotto Stalin, interpretato dalla cantante 33enne Jamala (nella foto Ansa/Ap). Al secondo posto si è classificata l’Australia (ma perché l’Australia è in Europa adesso? Ah, no: era Paese ospite. Del tipo: vi immaginate il Ghana ospite degli Europei di calcio? Boh), seguita dalla Russia, tra le favorite della vigilia. L’Italia con Francesca Michielin, una tra le innumerevoli scoperte dell’edizione italiana di X Factor, si è piazzata solo al sedicesimo posto. Jamala, al secolo Susana Jamaladinova, ha vinto con 534 punti, ottenuti dalla combinazione dei voti della giuria e del pubblico. L’Eurovision Song Contest 2016, andato in scena alla Globe Arena di Stoccolma, a quanto pare è stato trasmesso in 50 Paesi nel mondo, compresi Stati Uniti e Cina. Almeno cinque considerazioni sul tema è opportuno farle.

 

 

Uno: da Stoccolma è andata in onda l’attestazione dell’assoluta marginalità del pop europeo «continentale». Al netto dell’Inghilterra, infatti, il Vecchio continente in fatto di musica esprime soltanto «local markets», se non addirittura «ethnic markets» come l’Italia, con artisti che varcati i confini nazionali diventano illustri sconosciuti. Tranne qualche eccezione, ovviamente (qui da noi Eros Ramazzotti e Laura Pausini, per esempio, venduti benissimo sui mercati latini).

 

Due: a prova dell’assoluta marginalità del pop europeo continentale, c’è il fatto che quasi tutti i concorrenti in gara hanno cantato in inglese, la lingua dei «colonizzatori». Eppure c’è stato un tempo in cui i Beatles incidevano in tedesco, Stevie Wonder in italiano.

 

Tre: l’unico artista internazionale «vero», ieri sera, era Justin Timberlake. Ossia l’ospite americano. Che era lì per promuovere il nuovo singolo «Can’t stop the feeling».

 

Quattro: l’Italia è arrivata lontanissima dal podio con una cantante che prova ad avere un respiro internazionale. L’anno scorsa, con il Volo e la loro «Grande amore» passatista, arrivò terza. Questo perché, per la platea internazionale, la musica italiana è ancora Enrico Caruso. Saremo anche il Paese del bel canto, ma abbiamo vinto solo due edizioni dell’Eurovision Song Contest. E mica siamo l’Irlanda che ha vinto sette volte…

 

Cinque: l’Eurovision Song Contest fa l’effetto dei campionati universitari di basket degli Usa. Grande competizione, qualche spunto sportivo degno di nota, notevole partecipazione di pubblico. Ma i campioni veri giocano da un’altra parte. Altro che Champions League. Questa al massimo è la Mitropa Cup.

  • Vasile |

    penso che la canzone di Jamala ha vinto perché ha ‘toccato’ il cuori della maggior parte di noi con la sua voce che esprima la sofferenza di una persona.. questo ha toccato molti di noi e per questo che ha avuto molti punti (giuria (posto 2) e televoto(posto 2))

  • luigi ambrosi |

    Il giorno prima avevo scommesso che avrebbe vinto l’Ucraina perchè la propaganda politica sta prendendo il sopravvento in ogni settore. Ne ho avuto conferma, ha vinto l’unica canzone “politica” e soprattutto anti-russa. Ho avuto così conferma ancora una volta che l’Unione europea è suddita e serva della politica americana. Meno male che invece il pubblico ha premiato col voto la Russia. Nessun commento sui crimini compiuti dai tatari di crimea alleati con le armate di invasione hitleriane

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