Ed Sheeran, One Direction, Sam Smith, George Ezra, Adele. Fermiamoci qui. Trovatela voi una «squadra» così. Perché il comparto farà anche fatica a lasciarsi alle spalle la crisi epocale degli ultimi anni e a trovare un punto d’equilibrio ma nel Regno Unito, Paese che ospita la maggiore industria di settore e il principale mercato europeo, ci si scommette su con ancora più decisione: nel 2014 gli investimenti inglesi sul music business hanno superato la cifra record di 500 milioni di sterline.
Lo rivelano British Phonographic Industry (Bpi) e Music Publisher Association (Mpa), associazioni di categoria dei discografici e degli editori di musica secondo le quali oltremanica l’anno scorso le attività legate alla produzione e alla promozione di nuovo materiale da ascoltare si sono portate dietro uno sforzo economico di 497 milioni di sterline. Le label inglesi, nel segmento Artists & Repertoire (A&R) (ossia il «prodotto» musicale vero e proprio), hanno investito 178 milioni per una crescita del 19% rispetto ai soldi messi in campo nel 2013. In pratica l’equivalente dei ricavi di settore di un intero trimestre: parliamo del maggior investimento in A&R dal 1992 a questa parte. Altri 157,4 milioni di sterline se ne sono andati per marketing e promozione. Sulle attività di songwriting e composizione si sono concentrati investimenti per 162 milioni. Investimenti che hanno avuto il loro bel peso: secondo il rapporto Measuring Music, il settore l’anno scorso ha contribuito per complessivi 4,1 miliardi all’economia britannica. I nuovi artisti messi sotto contratto da Universal Music, Sony Music e Warner Music sono stati 156, il 30% in più rispetto al 2013. L’ultima chicca? Sono britannici sei dei dieci album più venduti nel mondo nel 2014.