La musica nell’epoca della sua riproducibilità in streaming rinasce in forma di feticcio. Un feticcio che chi ha qualche anno in più conosce benissimo: nero, circolare, di peso variabile ma pronto a dare grandissime soddisfazioni alle vostre orecchie al di sopra della fatidica soglia dei 180 grammi. È il caro vecchio disco in vinile, prodotto di nicchia in Italia come all’estero, eppure caratterizzato da una crescita esponenziale. L’indagine Deloitte sul mercato discografico nazionale nei primi nove mesi del 2015, presentata da Fimi a Bari nel corso di Medimex, ci porta sue buone nuove: da gennaio a settembre di quest’anno i supporti in microsolco hanno mosso un giro d’affari di 3,645 milioni, per una crescita del 74% sullo stesso periodo del 2014. Ci troviamo evidentemente di fronte a un segmento circoscritto, quantificabile intorno al 4% del valore complessivo del settore (93,9 milioni), ma anno dopo anno sempre più attraente. Una vera e propria ciliegina sulla torta rappresentata dall’incremento generale delle vendite del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A livello complessivo, il segmento del fisico è cresciuto del 23%, ha un valore dei 50,7 milioni ed è caratterizzato dal balzo in avanti del repertorio locale (+79%). Il digitale segna comunque un’ottima performance, con una crescita del +27% e un valore di 43,2 milioni. Ma quaggiù c’è ormai un’elite di ascoltatori che i propri artisti preferiti preferisce metterli tra piatto e puntina. Cari teorici della smaterializzazione dei supporti, qui anche il feticismo vuole la sua parte. E allora, lunga vita al microsolco!