Radiohead, due date a Firenze e Monza: arriva l’annuncio ufficiale e il web impazzisce

Ma quanto ci piacciono i Radiohead! E non è di estetica che qui vogliamo ragionare – sì, Thom Yorke (nella foto Ansa) e soci ci piacciono anche per la loro musica, li amiamo eccome per gli album che ci hanno regalato in 23 anni di carriera discografica, primo fra tutti quel capolavoro di «Ok Computer», forse il più bel disco degli anni Novanta – ma del ruolo che occupano nello star system di ciò che resta dell’industria globale della musica. Colti, militanti nel senso meno scontato del termine, irriverenti, mezzo matti quando si tratta di rivendicare la diversità della loro arte, orgogliosamente indipendenti, felicemente imprevedibili, da un po’ di anni a questa parte pure difficilmente digeribili. Quel che è successo, per esempio, a maggio scorso in occasione del lancio dell’ultimo disco «A moon shaped pool» ve lo ricordate? Cos’era? Marketing? Guerrilla marketing? Sfrontatezza? Pretenziosità? Chi se ne frega: qualunque cosa fosse ci è sembrato bellissimo. Bellissimo, quasi commovente per non dire eroico che nell’epoca della riproducibilità asettica della musica, quando in territorio rock le cose più interessanti sembrano quelle che guardano al passato, ci sia ancora una squadra di quasi splendidi cinquantenni che fanno un po’ come pare a loro. Bellissimo, quasi commovente per non dire eroico che nel giorno del lancio del tour 2017, con le date all’arena del Visarno di Firenze (14 giugno) e al parco di Monza per l’I-Days Festival (16 giugno), un gruppo del genere qui da noi finisca al centro dei pensieri del popolo del web: il termine Radiohead risulta nella rosa dei 20 più ricercati su Google. Ed è pure trending topic su Twitter. Forse c’è ancora speranza in questo mondo. Forse questo mondo non è poi così brutto. Checché possiamo pensarne noi fan dei Radiohead, cresciuti a pane e «I don’t belong here».