Brunori Sas si esibisce all'Arena Grandi Eventi di Salerno

Brunori Sas, un altro approccio al live è possibile

Permetteteci due parole su Brunori Sas. L’estate dei concerti volge ormai alla fine, ed è stata un’estate piuttosto strana. Partita con la polemica su tour annullati e finti sold out e culminata nella pubblicazione del Rapporto Siae che, dati alla mano, ha dimostrato che no, quella dei concerti non è affatto una bolla, perché il settore gode di buona salute e cresce ancora. Lo ha fatto nel 2024 e continua a farlo nei primi cinque mesi del 2025.

Si è parlato a lungo di corsa al gigantismo delle produzioni live, esibizioni nelle venue grandi annunciate più per cercare un posizionamento mediatico che perché hai realmente un pubblico che ti viene dietro, con tutte le conseguenze negative del caso se la venue grande non la riempi e, per recuperare l’investimento della tua agenzia di promoting, sei costretto negli anni successivi a fare di tutto e di più, «aziendaloni» compresi.

Poi il Rapporto Siae ci ha detto che nel 2024, per i concerti, a sorpresa è calata la spesa media per spettatore (-1,5%), attestandosi sui 34,13 euro. Della serie: sarà anche vero che negli ultimi dieci anni il costo dei biglietti dei grandi eventi è andato soggetto a un fenomeno inflativo importante, ma è cresciuta anche l’offerta diffusa sul territorio di eventi medio/piccoli che costano il giusto e quest’ultima è stata premiata dal pubblico. Tradotto: forse tutto questa corsa al gigantismo a tutti i costi non paga, meglio sarebbe cercare una propria via e cercarsi un pubblico che si sintonizza su di essa, meglio sarebbe crescere per piccoli passi, senza troppi compromessi. Perché l’artista, fino a prova contraria, dovrebbe farlo innanzitutto per sé stesso.

E qui veniamo a Brunori Sas. Siamo reduci dal concerto all’Arena Grandi Eventi di Salerno, 3mila posti a sedere ai piedi del complesso del Crescent. Sul palco abbiamo visto tanta sostanza, unica cosa che conta quando si va a vedere una esibizione dal vivo. Niente fronzoli. A concerto finito, ripensando a tutto quello che abbiamo sentito, letto, detto e scritto in questa estate, non abbiamo potuto fare a meno di chiederci: abbiamo davvero poi così bisogno di spettacoli con fumi e raggi laser?

Perché Dario Brunori (nella foto di Alfonso Maria Salsano e Anni 60 Produzioni), erede della grande tradizione cantautorale di questo Paese, ne ha fatto a meno. Perché, se sei un artista vero, riesci a intrattenere per due ore abbondanti, senza il bisogno di truccare le carte. Perché puoi investire sugli effetti scenici, che diventano importanti se devi riempire i vuoti di un’esibizione in una grande venue, ma forse è meglio investire su un basso, una batteria, un violino, le tastiere e una sezione fiati di tre elementi come ha fatto Brunori perché, fino a prova contraria, il tuo popolo viene ad ascoltare la tua musica.

E 22 canzoni, pescate avanti e indietro per il repertorio brunoriano (da «Al di là dell’amore» ad «Arrivederci tristezza» che, sapientemente, sfocia nell’omaggio alla voce di Ringo Starr di «Good Night»), riempiono benissimo. Perché Dario Brunori – magnifico autore quando scrive, sorprendente atleta di sé stesso quando si alterna tra l’acustica, l’elettrica e persino il basso, autoironico performer quando parla – riempie da solo tutto quello che c’è da riempire. Insomma: vedendo lo show di Brunori Sas a Salerno e confrontandolo con la gran parte di quello che c’è in giro, sui palchi italiani, ci veniva ancora una volta in mente il tormentone di Lundini e Ferrario su cui già ci siamo soffermati: «Quelli sonano!» Perché anche nell’estate del gigantismo a tutti i costi dell’It Pop contemporaneo, Brunori ci dimostra che un altro approccio al live è possibile. Anzi: doveroso.

Ps. «Money, it’s a gas!», il primo blog italiano dedicato all’economia della musica, in questi giorni compie dieci anni. Grazie a chi c’era e a chi continuerà a esserci.