Le eccessive concentrazioni del mercato discografico non piacciono a Pmi, storica associazione delle indie label italiane. «Siamo fortemente contrari alla acquisizione di Downtown Music (In Groves, MTheory e Pias) da parte di Universal Music Group. L’aumento non ponderato né controllato della market share della stessa corrisponde a una visione strategica ben chiara che mira solo ad ingigantire sempre di più una posizione che di per sé è già dominante», commenta Mario Limongelli, presidente di Pmi, Produttori Musicali Indipendenti (nella foto).
«Permettere che un gruppo così grande», aggiunge il discografico, «già proprietario di un’importante quota di Spotify, possa comprare lecitamente fette del mercato della distribuzione, sottraendo di fatto risorse alla concorrenza e proponendo alle aziende indipendenti di accettare una distribuzione major “sotto mentite spoglie”, ha delle conseguenze non solo sulle quote di mercato, ma anche sui rapporti tra major e indies che assomigliano sempre di più una sorta di master and servant. La storia ci insegna che concentrare in questo modo il mercato sottraendo agli altri veri e propri strumenti di diffusione e promozione implica di fatto una dittatura di mercato non solo dal punto di vista artistico ma anche economico, innalzando di fatto barriere all’ingresso ai newcomers e costringendo chi già c’è ad ulteriori compromessi al ribasso», conclude il presidente di Pmi, l’associazione nata nel 2005 che annovera più di 140 aziende indipendenti italiane con oltre il 25% del mercato in Italia. Pmi fa parte di Confindustria Cultura Italia, è firmataria dei Cccnl e rappresenta la discografia indipendente italiana nel Board di Impala, con cui collabora attivamente per dare supporto alle aziende indipendenti.