Alfa e il suo incommensurabile amore per gli Oasis, Irama che continua a frequentare Lewis Capaldi, Annalisa tra Colapesce e Dimartino, The Kolors figli di Daniele Silvestri, Fiorella Mannoia dalla parte di Faber. Non c’è Sanremo senza effetto «questa l’ho già sentita» e Sanremo 2024 non fa eccezione. Non c’è edizione del Festival della canzone italiana senza una polemica su brani inediti presentati in concorso che in realtà ricordano da vicino, nella melodia del cantato, nell’accompagnamento armonico o nell’arrangiamento, altri brani più o meno noti che appartengono al passato.
Plagi? Lungi da noi usare termini degni delle aule di un tribunale. Molto più placidamente parleremo di «effetto déjà vu» da festival che, anno dopo anno, affligge davanti ai teleschermi chi di musica si occupa per mestiere o per diletto. Volete qualche esempio direttamente dall’edizione 2024? Eccoli.
Alfa, i’ vorrei che tu, Noel Gallagher e io
Il caso più clamoroso, quest’anno, è senza dubbio «Vai!» di Alfa (nella foto Lapresse), evidentemente grande fan del Brit Pop anni Novanta. Troppo fan: il giro armonico e la melodia della strofa arrivano da «Wonderwall», capolavoro degli Oasis, mentre l’intecalare woo-oo pare uscito fresco fresco da «Song 2» dei Blur. Condire con una spruzzatina leggera di «Shape of you» di Ed Sheeran e aromi fischiettari belli corposi da «Run» degli OneRepublic e il piatto è servito. Derivativo oggettivo.
Irama e l’amico Lewis Capaldi
Si è a lungo dibattuto della somiglianza tra «Tu no» di Irama e «Someone you loved» di Lewis Capaldi. Effettivamente i due brani si somigliano. Ma altrettanto effettivamente, allargando il quadro, anche «Ovunque sarai», portata in concorso dallo stesso artista a Sanremo 2022, somigliava un po’ a «Someone you loved». Sarà che per via di quel look vagamente esistenzialista ha scoperto il concetto dell’eterno ritorno all’uguale.
Annalisa tra Colapesce e Dimartino
«Sinceramente» di Annalisa è sinceramente quotata per la vittoria finale a Sanremo 2024. Tormentone ben costruito con cassa in quattro che promette di monopolizzare l’airplay e non solo. Ma «quando quando quando» parte il ritornello ci pare di rivedere sul palco dell’Ariston i picciotti Colapesce e Dimartino che intonano danzerecci il ritornello di «Musica leggerissima». Savona tutto sommato non dev’essere poi così lontana dalla Sicilia. Nell’incedere del ritornello il brano potrebbe contenere tracce di «Can’t get you out of my head» di Kylie Minogue.
The Kolors figli di Daniele Silvestri
A proposito di pezzi costruiti bene: «Un ragazzo una ragazza» di The Kolors funziona a meraviglia, a parte quel titolo in cui per amor di grammatica avremmo gradito una virgola in più. Però dite la verità: il dancefloor della strofa è parente stretto di quello della strofa di «Salirò» di Daniele Silvestri, in concorso a Sanremo 2002. Della serie: il tempo passa, ma non passa mai veramente.
Fiorella Mannoia devota a De André
Certe cose, comunque, succedono anche nelle migliori famiglie. Prendete «Mariposa» di Fiorella Mannoia: appena parte («Sono la strega in cima al rogo/ una farfalla che imbraccia il fucile») il pensiero va subito all’esplosivo incipit di «Princesa» di sua eminenza Fabrizio De André («Sono la pecora, sono la vacca/ che agli animali si vuol giocare»). Animalesca.
Last but not least
E poi, volendo citare Giorgia, tra le pochissime voci degne di cotanto palco che abbiamo visto in questa edizione… E poi siccome alcune cose le abbiamo riascoltate meglio e altre ce le hanno segnalate amici e/o lettori possiamo dire che il bridge di «Click boom!» di Rose Villain («Ti ho fatto entrare nel mio disordine») ricorda il ritornello di «Control» di Zoe Wees. Il ritornello di «Pazzo di te» di Renga e Nek ci riporta alla strofa di «Piccola e fragile» di Drupi. Mentre il ritornello di «Apnea» di Emma è coinquilino del giro armonico di «Tu» di Umberto Tozzi. Stralciamo la posizione di Mahmood in un altro articolo. La melodia de «La noia» di Angelina Mango ricorda da vicino quella di «Gracias a la vida», standard della cilena Violeta Parra. Vero è che abbiamo allargato la competizione a 30 canzoni ma così tanti casi in un Sanremo solo non ce li ricordavamo da anni.
In conclusione
Non vogliamo certo scagliare la prima pietra, soprattutto nell’epoca in cui la cultura hip-hop e l’arte dei campionamenti hanno relativizzato il diritto d’autore e il concetto di plagio è stato spazzato via da quello di «reference». Non al festival che nel 1967 vide Antoine eseguire «Pietre» che era una specie di cover non dichiarata di «Rainy day woman #12 & #35» di Bob Dylan. Non nel paese in cui il più grande monumento nazionale canzonettaro si chiama «Sapore di sale» di Gino Paoli ed è uscito due anni dopo «Le rock de Nerval» dell’immenso Serge Gainsbourg (dite la verità: con questa qui vi abbiamo fatto svoltare la giornata, eh?). Non vogliamo, e proprio per questo eravamo tentati di cominciare così questo nostro articolo: «J’accuse». Però ci sembrava di averlo già sentito da qualche altra parte.