Una volta esisteva una scena napoletana, oggi Napoli, se si parla di musica, è tutta hype. Ne troverete molti disposti a sottoscrivere questa tesi e state certi che addurranno come prova, sul banco d’accusa, il successo di Liberato, l’artista che c’è però non c’è, non incide ma fa concerti, non vende dischi ma fa endorsement di marketing. Ecco. Siamo sicuri che Napoli, quando si parla di musica, stia tutta qua? Perché, per chi non lo sapesse, c’è anche una scena napoletana che, zitta zitta, esporta. L’ultima riguarda i Foja, band di lungo corso nel circuito indipendente cittadino (il primo album, «’Na storia nova», risale al 2011) che ha composto la colonna sonora del film d’animazione «Gatta Cenerentola» (2017), diretto dal cantante del gruppo Dario Sansone accanto ad Alessandro Rak, Ivan Cappiello e Marino Guarnieri. Sì, quello che si è visto al Festival di Venezia l’anno scorso ed ora è in programmazione su Sky Cinema. In coincidenza con l’uscita all’estero della pellicola (nella foto una scena), i Foja fanno il primo tour all’estero della loro carriera: si parte il 7 novembre a La Boule Noire di Parigi e si prosegue con Buxelles (Sazz’n Jazz, 8 novembre), Colonia (Tba, 9 novembre), Amsterdam (Sugar Factory, 10 novembre), Liverpool (Invisible Factory, 12 novembre), Dublino (Whelan’s, 13 novembre), Londra (93 Feet East, 14 novembre), Barcellona (Razzmatazz, 27 novembre) e Madrid (Cafè Berlin, 28 novembre). A supporto del tour, i Foja pubblicano due nuovi singoli, ovvero le tracce «A chi appartieni» e «Dummeneca», entrambe presenti nella tracklist dell’ultimo album «‘O treno che va» (2017) rivisitate in lingua francese e catalana grazie a un percorso di conoscenza e vicinanza con nuovi artisti: il primo brano trasforma il titolo in «A qui tu appartiens» ed è cantata assieme alla francese Pauline Croze mentre «Dummeneca (Domingo)», è cantata con Adrià Salas e suonata dal fisarmonicista Romain Renard, rispettivamente voce leader e fisarmonicista del gruppo catalano La Pegatina.
E poi ci sono i Fitness Forever con la loro sofisticata miscela di dancefloor, funky, R&B e pop sinfonico alla maniera di Burt Bacharach. «Tonight», loro ultimo album, è uscito l’anno scorso per la Elefant Records, etichetta indie spagnola. Oltre che nella stessa penisola iberica, vanno fortissimo sulle college radio americane, si fanno ascoltare anche in Messico e addirittura in Giappone. Ma soprattutto in Francia, patria di grandi estimatori dei generi da loro frequentati. Per dire: Le Monde li ha recensiti e Radio France li ha passati e ripassati. E non si può dire che i due prestigiosi organi d’informazione transalpini abbiano dedicato la stessa attenzione ai blasonatissimi artisti mainstream d’Italia. Tirando le somme: Napoli, quando si parla di musica, può essere hype ma non è tutta hype. Lontani dai cliché di un immaginario collettivo che si nutre di stereotipi e ci ha messo pochissimo a sostituire pizza, Vesuvio e mandolino con Ciro l’Immortale della serie Tv «Gomorra» e Roberto Murolo con Liberato, ci sono band che per il respiro dei loro progetti non sembrano neanche napoletane. Anzi: non sembrano neanche italiane. Salutateci il cliché.