Liberato è tornato. Liberato è cresciuto, come fosse il Masaniello di Pinotto Daniele. Dopo l’esplosione del fenomeno, risalente ormai a un anno fa con il video di «9 maggio» che nel frattempo ha fatto qualcosa come 8,6 milioni di visualizzazioni su YouTube e l’apparizione/non apparizione al MiAmi 2017, il ghost project musicale e visivo che ruota intorno a Napoli e al suo immaginario arriva a un punto di svolta, con le storie incrociate di «Intostreet» e «Je te voglio bene assaje» e soprattutto la promessa (criptica) di un happening live mercoledì prossimo: «Nove maggio, Napoli, Lungomare, Tramonto, Gratis». Volete andarci? Sappiate che sarete in molti, perché il progetto, per usare un termine napoletano, «sta arrevutann’». In città e fuori. Non si sa di preciso chi c’è dietro e questo arricchisce di fascino l’operazione, come se avessimo a che fare con una Elena Ferrante o un Uomo Tigre cui tutti sognano di strappare la maschera. I pezzi, con il loro approccio delicato all’elettronica, non più dub, non più rap, non ancora trap ma parecchio cool, funzionano a meraviglia. Si sa che, più che l’opera di un singolo, le gesta di Liberato è più facile che siano riconducibili a un collettivo. Si sa che autore dei video e artefice di gran parte del successo di Liberato è il regista Francesco Lettieri. Si sa che sul progetto si innestano operazioni di product placement come quello con il marchio Converse che firma l’abbigliamento di Liberato (ne vedremo a breve il lancio sul mercato?). Non è l’unico marchio che appare nei di lui video: i ragazzi di «Intostreet» e «Je te voglio bene assaje» si scambiano infatti via Whatsapp immagini di casse vintage d’Acqua Lete (nella foto). Che ci sia un riferimento alla parabola della bottiglia d’acqua di Massimo Troisi in «Scusate il ritardo»? Pare di no, ma stiamo comunque parlando di un pezzo d’immaginario della città, se consideriamo che si tratta del primo sponsor di maglia del calcio Napoli, ringraziato nei titoli di coda dei due clip. A quanto risulta a «Money, it’s a gas!», in questo caso non si è trattato di product placement. Però quella plastica rossa e quelle bottiglie verdi, quando rappresenti Napoli (e il Napoli), ci stanno maledettamente bene.
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