Chi segue «Money, it’s a gas!» lo sa già: qui dentro siamo dylaniani e dylaniati, non ci stupiamo più di tanto per quello che è accaduto dall’assegnazione del Nobel per la letteratura in poi. Anzi: possiamo dire che l’eventualità la si metteva nel conto. Per quanto ci riguarda però, alla luce degli ultimi sviluppi, la vicenda comincia a diventare un tantino stucchevole. Riassumendo quanto successo nelle ultime ore: la segretaria permanente dell’Accademia di Svezia Sara Danius, parlando alla radio pubblica svedese, ha spiegato che Bob Dylan nel 2017 suonerà a Stoccolma per una data del suo «Never Ending Tour» e quella «potrebbe essere un’ottima occasione per la lectio magistralis che i vincitori del premio sono tenuti a dare». Pena: la perdita degli 832mila euro di assegno previsti. Quanto alla «sostanza» della lectio, la Danius ha detto che gli accademici sono molto «flessibili»: il premiato può leggere un testo scritto, improvvisare un discorso, fare un video. Com’è noto, il Menestrello di Duluth ha fatto sapere che per «impegni precedenti» non potrà infatti prendere parte alla cerimonia di premiazione con il re di Svezia, prevista per il 10 dicembre. E allora come ne usciamo? Con una premiazione nel backstage di un teatro, magari dopo aver fatto una lunga anti-camera all’esterno di blindatissimi camerini? Ma cos’è? Staffelli che consegna furtivamente un Tapiro d’oro? Ci sembra a questo punto quanto mai evidente il fatto che il Nobel per la Letteratura a Bob Dylan (qui in una foto degli anni Sessanta) sia più importante per l’Accademia di Svezia che glielo ha assegnato, sfidando innumerevoli pregiudizi di innumerevoli parrucconi, che per la rockstar che se lo è visto attribuire. E ci torna alla mente un’amabile chiacchierata che, all’indomani della cerimonia di assegnazione, avemmo con Vitaliano Vitale, vecchio amico che di comunicazione se ne intende: «Il premio a Dylan – ci disse – lo vedo soprattutto come un’operazione di marketing per chi il premio lo gestisce e lo organizza. Escono dal perimetro dell’accademia e vanno incontro al grande pubblico con un gesto clamoroso, destinato a far discutere. Si scrollano di dosso quella che poteva essere un’immagine polverosa del Nobel». Dylan «usato» come immagine del nuovo Nobel, insomma. Me, perché l’operazione riesca, serve una foto di Dylan col premio in mano. E, da questo punto di vista, non potevano scegliersi un testimonial peggiore. Perché Dylan non si fa gestire.
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