All’annuncio dei 20 cantanti della categoria Campioni che si contenderanno l’edizione 2016 di Sanremo – ieri pomeriggio nel corso di «Domenica In», secondo il rituale da Congresso di Vienna imposto da Carlo Conti – le reazioni sono state praticamente unanimi: Festival «a tutto talent», sarà «Amici contro X Factor», «comanda la televisione». Reazioni comprensibili: i talent show hanno definitivamente colonizzato il Festival della canzone italiana, con i concorrenti (vincitori e non) ma anche i giudici pronti a sfidarsi in Riviera. Nessuno tuttavia vi dice che questa cosa non è successa ieri e nemmeno l’altro ieri: qua si parla di una tendenza ormai ben consolidata nelle sette ultime edizioni della kermesse ligure. Lo strapotere dei talent va spiegato innanzitutto con i numeri e il primo non lascia adito a fraintendimenti di sorta: dal 2009 a oggi cinque vincitori di Sanremo su sette provenivano da talent show (nello specifico, tre da Amici di Maria De Filippi, uno da X Factor e uno da Ti lascio una canzone). In uno scenario generale di crisi, non è che il mercato discografico possa permettersi il lusso di fare lo schizzinoso, tantomeno può permetterselo la direzione artistica del Festival. Eggià, perché prima della «deriva dei talent» il format – fin troppo maturo – mostrava preoccupanti segnali di crisi. Nel 2008, per capirci, vince il duo Giò Di Tonno – Lola Ponce, qualcosa di completamente slegato dai gusti di chi i dischi li compra/scarica, ossia i giovani. E lo share va a picco, fino al 36,56 per cento. Tocca cambiare registro e il timone della kermesse passa dall’istituzione Pippo Baudo a Paolo Bonolis, lo «sperimentatore» che tre anni prima aveva riunito un bel po’ di gente davanti al teleschermo. Un uomo-Mediaset che, contro lo scetticismo dei più, apre le porte a Marco Carta, neovincitore di Amici. Un concorrente proveniente dai talent sui 16 in gara, per una «quota» del 6 per cento. Va però a finire che quel concorrente vince pure il Festival e la storia della kermesse dei fiori cambia. L’anno successivo saremo a tre concorrenti provenienti da talent su 15 (20%), poi per tre anni consecutivi tre su 14 (21%), prima di scendere a due su 14 nel 2014, ultima gestione di Fabio Fazio. Si sale vertiginosamente con Conti che, in nome della restaurazione baudiana, innalza a 20 il numero dei cantanti in gara, ma siccome che sa il fatto suo recluta cinque figli di talent (25%). Con l’edizione 2016 si passerà a sette su 20 (35%), addirittura 12 su 20 se si allarga il conteggio ai cantanti che a vario titolo hanno preso parte a talent/reality (da Morgan, giudice per eccellenza di X Factor, a Dolcenera, già reduce da Music Farm). Deriva? Può essere ma, che vi piaccia o meno, è un destino ineludibile. Intanto ripassiamo la lista dei Big in gara a Sanremo nel 2016.
Deborah Iurato e Giovanni Caccamo, «Via da qui»
Noemi, «La borsa di una donna»
Alessio Bernabei, «Noi siamo infinito»
Enrico Ruggeri, «Il primo amore non si scorda mai»
Arisa, «Guardando il cielo»
Rocco Hunt, «Wake up»
Dear Jack, «Mezzo respiro»
Stadio, «Un giorno mi dirai»
Lorenzo Fragola, «Infinite volte»
Annalisa, «Il diluvio universale»
Irene Fornaciari, «Blu»
Neffa, «Sogni e nostalgia»
Zero Assoluto, «Di me e di te»
Dolcenera, «Ora o mai più»
Clementino, «Quando sono lontano»
Patty Pravo, «Cieli immensi»
Valerio Scanu, «Finalmente piove»
Morgan e Bluvertigo, «Semplicemente»
Francesca Michielin, «Nessun grado di separazione»
Elio e le Storie Tese, «Vincere l’odio»