Hasta siempre, compañera Taylor Swift! Quando la reginetta del country/electro pop americano si mette a parlare di streaming e rivoluzione digitale nella musica, più che nativa della Pennsylvania sembra uno dei quei generali messicani dei tempi della rivoluzione, rapidissimi a rompere (vecchie) e stringere (nuove) alleanze. Sempre in nome del Pueblo. Dopo la battaglia contro Apple Music culminata in una lettera aperta che ha costretto il gigante informatico di Cupertino a fare marcia indietro sulla decisione iniziale di non corrispondere agli artisti alcun emolumento relativo ai tre mesi di prova della piattaforma di streaming della Mela, stavolta il bersaglio è Spotify, giudicato dalla Nostra «una startup senza cash flow», con un’inedita confidenza con il linguaggio economico-finanziario. L’«avvelenata» anti Spotify è contenuta in un’intervista che la Swift ha concesso a Vanity Fair per il numero di settembre 2015. «Apple – dichiara la cantautrice statunitense – mi ha trattato come se fossi la voce della comunità creativa di cui loro si prendono cura. Ho trovato davvero ironico che un’azienda miliardaria abbia reagito alla mia critica con umiltà, mentre una startup senza cash flow reagisca alle critiche come se fosse una corporate machine». La Swift ha tolto il suo catalogo da Spotify mentre stava promuovendo il nuovo album «1989», che si è difeso bene nella prima settimana. «Se avessi in streaming il nuovo album, è impossibile provare a ipotizzare cosa sarebbe successo. La musica sta cambiando così rapidamente e il paesaggio dell’industria musicale sta cambiando così rapidamente, che tutto ciò che è nuovo, come Spotify, mi sembra un po’ come un grande esperimento. E io non sono disposta a contribuire con il lavoro della mia vita a un esperimento che non mi sembra compensi abbastanza scrittori, produttori, artisti e creatori di questa musica». Muchachos, Taylor è una donna battagliera. E adesso guerreggia sotto l’insegna della Mela. Roba da Spaghetti Western.