Casella dei dischi: le recensioni a Shellac, Barry Adamson e SQÜRL

Decima uscita per Casella dei dischi, la rubrica di recensioni tutt’altro che mainstream a cura di Michele Casella. Stavolta, attenzionati speciali, sono Shellac, Barry Adamson e SQÜRL.

Shellac To All Trains (Touch And Go)
I musicisti si dividono in due categorie: quelli che fanno dischi e quelli che fanno la storia della musica. Gli Shellac (formati da Bob Weston, Todd Trainer e Steve Albini) appartengono alla seconda, non solo per i brani che hanno pubblicato in carriera (parliamo di appena 3 ore e mezza di musica in 30 anni), ma per l’approccio assolutamente oltranzista del loro modo di concepire la musica. “Radicali”, potrebbe definirli qualcuno, “fieri” è invece la parola preferibile. Fieri di costruire strutture sonore che oggi sono veri archetipi del suono alternativo, fieri di non cedere neppure di un passo alle strategie del marketing discografico, fieri di suonare dal vivo solo dove e come lo decidano loro. L’incisione rigorosamente in vinile, l’ossessione per il meticoloso lavoro analogico in studio, il rapporto costante e umano con chiunque gli graviti attorno, il piacere di fare le cose per bene e a modo proprio. L’unica cosa che non hanno potuto scegliere è stata la fine della loro avventura, perché la scomparsa di Steve Albini è arrivata, inattesa, appena dieci giorni prima della pubblicazione del nuovo album, sconvolgente e disarmante come il suono di queste dieci tracce. To All Trains (nella foto) è impressionante per un motivo, perché sembra racchiudere il senso di un intero suono generazionale in appena 28 minuti. Secco, diretto, rumoroso, metallico, accelerato, ritmicamente complesso e (come d’uopo) sonicamente destabilizzante. To All Trains è il “solito” disco degli Shellac, ma al tempo stesso è quello che meglio li rappresenta e che li ha spinti (negli ineffabili anni 20) a confermarsi come baluardi di un genere che ha cambiato la vita di milioni di persone. Sarà forse per lo sgomento emotivo – non ancora metabolizzato – della morte di Albini, ma qui davvero sembra chiudersi un’epoca. Che non tornerà più.

https://open.spotify.com/intl-it/album/09SFqMvmXLpfG62LjeSorU

Barry AdamsonCut To Black (Barry Adamson Inc)
Il richiamo al suono nero questa volta è già nel titolo, ma Barry Adamson è da sempre uno degli interpreti più eclettici dell’approccio black a un immaginario che unisce felicemente musica e audiovisivo. Compositore di colonne sonore di un certo successo (basti citare i lavori per Derek Jarman, David Lynch, Oliver Stone e Danny Boyle), capace di unire il suono anni Sessanta a quello odierno, l’artista britannico ha anche fondato i Bad Seeds con Nick Cave, il cui riverbero può essere rinvenuto anche nella nuova pubblicazione. Arrivato al suo decimo album, con Cut To Black Adamson licenzia una rutilante raccolta di tracce blues e soul, abbandonando parzialmente l’oscurità a cui siamo abituati e lasciandosi trasportare da melodie coinvolgenti come l’opening The Last Words Of Sam Cook o One Last Midnight. Passando attraverso il funk di Manhattan Satin o la drammaticità della title track è possibile ritrovare tutto il mondo sonoro del musicista, fino ad arrivare ad alcuni eccessi smooth fin troppo levigati. Un artista che è già un classico, fra i pochi ad aver compreso perfettamente come incrociare il jazz e il blues in maniera credibile.

 

SQÜRL Music For Man Ray (Sacred Bones)
Si viaggia attraverso il rock strumentale e psichedelico con questa nuova pubblicazione degli SQÜRL, il duo formato dal regista (e musicista) Jim Jarmusch e dal produttore cinematografico (e compositore) Carter Logan. Music For Man Ray è il bel tributo al genio statunitense che ha reinventato le arti visive attraverso la lente del surrealismo, spingendo la sua sperimentazione decisamente “oltre”. Oltre la pittura, la fotografia e anche il cinema, e infatti i quattro movimenti di questo album sono dedicati ai film di Man Ray, anche al restaurato Return to Reason che nella primavera del 2023 proprio gli SQÜRL hanno musicato dal vivo al Festival di Cannes. Il disco si muove fra pieni e vuoti, minimalismo e mesmerismo, momenti di tensione elettrica e di vertigini ambient, ma sono in particolare le chitarre distorte ad essere protagoniste. Un album che incrocia feedback e accordi per nenie desertiche, magari da sovrapporre anche a una visione casalinga dei capolavori del celebre avanguardista.
Michele Casella