Da Carole King a Eric Clapton: dieci grandi assenti dai palchi italiani. Cari promoter, portateceli qui

In Italia ha ormai preso definitivamente piede il giornalismo musicale ciceronico pro domo sua, nel senso che va di moda trasformare la propria personalissima battaglia, combattuta a colpi di pensose argomentazioni, nell’unica vera battaglia nell’interesse di tutti. Qui a «Money, it’s a gas!» ci siamo detti che non vogliamo essere da meno. Ma, piuttosto che passarvi per oro colato nostre personalissime considerazioni pro o contro questo particolarissimo cantante che ci sta simpatico/antipatico, vogliamo parlare di artisti che non hanno bisogno di un endorsement piccolino quanto il nostro perché c’è stato un tempo in cui hanno fatto la storia quella grande. Artisti che, forse per l’età che comincia a farsi importante o forse per mutate contingenze di mercato, dalle nostre parti non li si vede più dal vivo con una certa frequenza, almeno come ci piacerebbe che fosse. E allora un appello ai promoter, quelli coraggiosi, quelli che di musica ne masticano, quelli che lavorano e ancora si divertono: andateli a prendere a casa, dovunque essi siano, fate loro proposte, trovate il modo di convincerli e portateceli qui in Italia al più presto perché non li vediamo da tanto e, impegni loro permettendo, ci piacerebbe vederli più spesso. Non sono molti, ma nemmeno pochi.

Guardiamo indietro agli anni Settanta: che straordinario interprete della chitarra elettrica è stato Steve Miller. Avrebbe dovuto suonare a Milano nell’ottobre del 2010, ma quella data purtroppo saltò. Un anno più tardi passò di qui Peter Frampton, altro protagonista di quella irripetibile stagione. Adesso Miller e Frampton hanno annunciato un tour insieme negli States per l’estate prossima: ok, c’è la legge della domanda e dell’offerta che ha l’ultima parola, ma non sarebbe fantastico vederli sul palco insieme a queste latitudini? Nel 1971 usciva «Tapestry», disco per il quale sono stati sprecati tanti aggettivi, quando ne sarebbe bastato uno («fondamentale»). L’autrice e l’interprete di tanta bellezza, quel pezzo di storia della musica popolare del Novecento che risponde al nome di Carole King, l’anno scorso ha incantato il pubblico di Hyde Park. C’è qualcuno là fuori che ha il coraggio di darle – chessò? – l’Arena di Verona? Un po’ di black music non guasta mai. Ma lasciamo perdere i rappettini da un colpo e via e abbeveriamoci alla fonte: vi dice niente il nome di Booker T. Jones? Sì, proprio l’indimenticabile leader di Booker T. & the MG’s, mago dell’organo hammond che impartiva lezioni di musica a tutti gli artisti di casa Stax: questo signore ha 73 anni e non ha ancora perso il vizio. Se volete vederlo dal vivo, però, vi tocca prendere un aereo per Chicago, dove suonerà a marzo prossimo. Possibile che a nessuno salti in mente di portarcelo qua? Vorremmo poi rivedere Steve Winwood, anima dei Traffic, John Fogerty, anima dei Creedence Clearwater Revival e Brian Wilson, anima dei Beach Boys che sta riproponendo dal vivo quel capolavoro di «Pet Sounds» in tutta la sua grandezza ma, chissà perché, a noi niente. Dateci il country di Emmylou Harris che, quando arriva in Europa, si ferma in Svezia e il folk del grande testimone Robbie Robertsons. E soprattutto dateci lui: Eric Clapton (nella foto Ansa). Il dio della chitarra elettrica manca dall’Italia dal 2011, quando a Cava de’ Tirreni divise il palco con Pino Daniele, e per trovare suoi show in solitaria dobbiamo addirittura tornare indietro fino al 2006. Anche lui scalda i motori per la primavera, ma da queste parti niente. E non è un problema di fan base, perché i suoi concerti nello Stivale da che rock è rock si pagano da soli. Il problema è piuttosto che il nostro si è un po’ stufato di girare il mondo in tour. Ma per smettere – si sa – c’è sempre tempo.

UPDATE. Questo post è stato scritto di getto. Ripensandoci su a freddo, dopo averne riflettuto con qualche amico, sentiamo il dovere di aggiungere altri nomi illustri al nostro faziosissimo ragionamento: il leader dei Byrds Roger McGuinn, per esempio, il maestro del songwriting Randy Newman,  il profeta dello swamp blues Dr. John e Billy Joel, uno che riempie il Madison Square Garden a occhi chiusi ma quaggiù per noialtri mai una gioia. E voi? Chi aggiungereste alla lista?